Germania: “Ce ne fottiamo della solidarietà nazionale”

Già dalla fine di Ottobre, lo stabilimento di Amburgo della Soli-Kreis Neupack è in agitazione. Ufficialmente, lo sciopero a oltranza è iniziato il 1 Novembre 2012 e non è ancora finito. I lavoratori della Neupack non si limitano a chiedere aumenti salariali. Stufi di anni di progressiva deregolamentazione del contratto di lavoro, hanno deciso, di fronte all’ultima presa in giro padronale, di proclamare lo sciopero, per chiedere un adeguamento al rialzo delle condizioni contrattuali senza nessuna distinzione.

Riportiamo la traduzione di un articolo che abbiamo scelto fra i tanti presenti in rete. Si tratta infatti di una cronaca del primo giorno di sciopero, che spiega le ragioni della protesta. Ci sembra molto utile considerare questa esperienza, perché pone al centro una dinamica a nostro avviso centrale della lotta tra capitale e lavoro: la deregolamentazione dei contratti e la differenziazione tra gli operai.

Tra i meccanismi di precarizzazione delle esistenze e del lavoro, troviamo sempre più spesso forme di deregolamentazione salariale che passano attraverso premi di produzione o, viceversa, “punizioni” impartite in busta paga; oppure, ancora, permessi premio per alcuni lavoratori e aumento dell’orario di lavoro per altri; questi meccanismi si traducono in vere e proprie disparità salariali e di trattamento che non solo rendono più stringente e repressiva la disciplina di fabbrica ma si rivelano un validissimo esempio di come lo sfruttamento del capitale si intensifica e cerca – in maniera assoluta o relativa – di sussumere la forza lavoro per estrarre quantità sempre più alte di plusvalore.

In Italia il piano FIAT ci ha abituati a questo tipo di valutazioni, ma è importante ribadire che la questione riguarda nel suo complesso lo spazio europeo; anzi – insistiamo – lo stesso processo di unificazione europea e di superamento della crisi passa per questo tipo di provvedimenti.

La lotta dei lavoratori della Neupack, oltre ad aver da subito incontrato una grande solidarietà, si è andata caratterizzando come una lotta di radicalità crescente. Un aspetto interessante è il ruolo che sta provando a giocare il NPD un partito di estrema destra tedesca, che – approfittando anche della variegata provenienza e composizione interrazziale dei lavoratori della Neupack – si è immediatamente buttato a difendere il “lavoratore tedesco” e a proclamare una solidarietà nazionale. Gli operai, però, hanno risposto a questo tentativo con un eloquente comunicato dal titolo “wir scheissen auf nationale solidaritaet”, ovvero “ce ne fottiamo della soldarietà nazionale”, in cui rivelano come il tentativo del NPD sia lo stesso del padronato: dividere i lavoratori facendo leva sulle loro differenze culturali, e – soprattutto – gettare benzina sul fuoco difendendo quei piccoli privilegi che il padrone può elargire agli operai più docili o produttivi, grazie alla crescente deregolamentazione del contratto di lavoro che a quanto pare in Germania sta diventando un problema piuttosto sentito se il presidente della confederazione dei sindacati tedeschi (DGB) ha chiesto di smetterla con la deregolamentazione del lavoro alle spalle dei lavoratori, chiedendo una riforma delle condizioni di lavoro… il che probabilmente, data la natura riformista della confederazione, significa legittimare ulteriori attacchi ai lavoratori.

Non solo la Germania è colpita dalla crisi, ma la ricetta e la risposta è la stessa degli altri Paesi europei, a dimostrazione che l’austerità non è frutto della volontà di una nazione cattiva e un po’ prepotente, ma frutto di un patto che vede le borghesie dei vecchi Stati nazione cospirare per condizioni di valorizzazione più vantaggiose. L’austerità colpisce anche i lavoratori tedeschi e uno dei nostri compiti è prenderne coscienza per avviare e consolidare il dibattito nei nostri territori e per mettere al centro della nostra azione politica la guerra civile fra capitale e lavoro che va avanti da 400 anni.

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Il nuovo codice del lavoro iracheno, codice di un nuovo schiavismo

[pubblichiamo la traduzione di un contributo di Falah Alwan, presidente della Federazione dei consigli operai e dei sindacati in Irak (FWCUI), sul nuovo codice del lavoro in Irak (il testo in francese è disponibile qui). Riteniamo importante questo tipo d’informazioni che ci dicono, a distanza di quasi dieci anni dall’intervento, di che natura sia la “democrazia” esportata con le armi. La natura delle riforme in discussione è, per molti aspetti, simile a quella che caratterizza gli attacchi che abbiamo subito anche qui da noi: la libertà di licenziamento di cui si parla nell’articolo non è altro che l’esito dell’abolizione, da noi, dell’art. 18. Le aggressioni imperialiste, rafforzando il capitale, non fanno altro che mettere i padroni in una posizione di vantaggio che permette loro di indebolire e schiacciare insieme al proletariato dei paesi dominati dall’imperialismo, anche quello dei paesi imperialisti: questa banale constatazione ci restituisce il senso e l’utilità della mobilitazione antimperialista, non per semplice solidarietà con gli oppressi, per quanto importante sia, ma per la consapevolezza che un attacco a una parte del proletariato è un attacco al proletariato tutto. Questo è il senso, da recuperare, dell’internazionalismo.]

Più di 100 emendamenti sono stati presentati sui 156 articoli che formano la bozza del nuovo codice del lavoro. Un tale problema significa che questo nuovo codice è inaccettabile, e queste obiezioni lo minano.

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Fabbriche recuperate e autogestione nella nuova realtà dello Stato spagnolo

[Pubblichiamo la traduzione di questo intervento, preso da nodo50.org. Abbiamo trovato interessante l’articolo sul piano della documentazione di quanto avviene nello Stato spagnolo in risposta alla crisi. È noto qui da noi quello che passa anche per i media borghesi, e quindi le grandi mobilitazioni che hanno attraversato lo Stato spagnolo almeno da due anni a questa parte: meno note sono queste esperienze di autogestione della produzione da parte degli operai, e non a caso. Banalmente, la semplice constatazione dell’esistenza di imprese attive, gestite direttamente dai lavoratori, è la dimostrazione che si può lavorare, e produrre, senza un padrone; che la figura dell’imprenditore non è altro che quella di un parassita, che campa succhiando il sangue e il sudore dei lavoratori e appropriandosi del frutto del loro lavoro. Lo scarto ideologico che si può determinare con la diffusione di queste notizie è, perciò, notevole: si tratta infatti della dimostrazione empirica della possibilità, per i lavoratori, di dirigersi, senza essere diretti da qualcun altro.

Non condividiamo, invece, la sottotraccia ideologica del testo, l’idea, cioè, che l’autogestione attraverso le cooperative possa essere una strada per l’uscita dalla crisi: si tratta certamente di un fortissimo momento di rottura delle compatibilità, che generalizzato può portare a non pochi problemi per i padroni, oltre che di un salto di qualità enorme sul piano della coscienza di classe, ma non si rompe, con le cooperative, col sistema capitalistico nel suo complesso; non si rompe, cioè, con il sistema dello sfruttamento organizzato sul piano internazionale. L’autogestione diretta , come forma di autorganizzazione per difendere il proprio lavoro e il proprio salario,va generalizzata e difesa con tutti i mezzi, e può essere interessante elemento di riflessione per l’arretratezza, prima che politica, economica e rivendicativa di molte lotte qui da noi; ma non può essere confusa – come ci sembra faccia l’autore – con una possibile via d’uscita dalla crisi.
La collettivizzazione e l’autogestione, sul piano politico, bypassano un nodo fondamentale che, contrariamente a quanto si va dicendo ormai da troppi anni anche a sinistra, è ineludibile: la presa del potere politico da parte del proletariato internazionale organizzato. Ciò non significa che si debba aspettare il momento della sollevazione – magari in contemporanea – dei lavoratori di tutto il mondo, ma piuttosto che per incamminarsi sulla strada della liberazione dallo sfruttamento non si possa prescindere dall’affrontare questioni fondamentali quali la costruzione dell’organizzazione politica della classe lavoratrice internazionale per – ancora – conquistare il potere politico. Senza un piano d’azione di questo tipo, è purtroppo facile prevedere che – come pure nota l’autore nella ricostruzione storica – esperienze come queste, anche radicali, sono condannate ad avere un andamento ciclico e, dunque, a terminare, prima o poi. (laCuocaDiLenin) ]

Fabbriche recuperate e autogestione nella nuova realtà dello Stato spagnolo

La risposta alla crisi può essere la collettivizzazione delle imprese da parte degli stessi lavoratori

Con il panorama della crisi finanziaria ed economica, lo Stato spagnolo ha cominciato a tagliare in maniera più incisiva. Così la chiusura di imprese e i licenziamenti si sono succeduti e continuano a succedersi, lasciando una scia di disoccupati. Nel fuoco delle proteste e della resistenza, la trasformazione sociale (con l’autogestione come elemento centrale) appare con forza all’orizzonte della Spagna.

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Notizie dalla “Locomotiva” d’Europa

Vogliamo tenere d’occhio quello che succede in Germania, il Paese che secondo il senso comune ha resistito, o ha subito meno, oppure non ha subito affatto gli effetti della crisi economica. La lotta degli operai della Opel dimostra come anche in Germania la battaglia per la riduzione del costo del lavoro sia più viva che mai, attraverso delocalizzazioni, chiusure e licenziamenti. Di recente la questione è balzata agli onori della cronaca perché nel Dicembre dell’anno appena trascorso è stata decisa la definitiva chiusura dell’impianto di Bochum – già depotenziato otto anni fa – a partire dal 2016. Tra gli articoli che siamo riusciti a leggere ne abbiamo scelto uno in particolare, non tanto per la cronaca dei fatti (che non è troppo diversa da quella a cui siamo abituati in merito alle vicende della FIAT), quanto per la descrizione della posta in gioco. Il modello di collaborazione tra sindacati e consigli di amministrazione, infatti, si rivela ai lavoratori tedeschi come un depotenziamento del potere di pressione della classe operaia, a causa della promozione di filtri di rappresentanza molto forti che promuovono logiche corporative e collaborazioniste con le esigenze del padronato. In un momento di acuta crisi in tutto lo spazio europeo (e in particolare nel mercato dell’auto), ritorna lampante – proprio in Germania – la necessità di riappropriarsi di forme radicali di lotta, contro i consigli di amministrazione e i vertici sindacali che sono ammesse ai livelli di gestione del conflitto sociale. Proprio in Germania, infatti, si è da tempo concluso il processo di riduzione dello spazio di rappresentanza dei sindacati non allineati. Continua a leggere

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La disoccupazione aumenta nell’Eurozona

Mentre in Italia fa discutere il dato record della disoccupazione giovanile – 37,1% nella fascia 15-24 anni – la situazione nell’Europa a 27 non è tanto più confortante. Il breve articolo che traduciamo dal sito del Council of Forreign Relations mette in luce come la situazione dell’Eurozona non lasci immaginare nulla di buono, dal punto di vista del lavoro, per l’anno appena iniziato. Certo la situazione cambia molto da paese a paese: si va dal 26,6% della Spagna al 5,4% della Germania, ma è il valore medio a preoccupare gli analisti, consapevoli del carattere continentale del problema.

Il commissario al Lavoro dell’UE, Laszlo Andor, ha ad esempio sottolineato come l’effetto combinato degli alti tassi di disoccupazione e delle misure di tagli alle spese nei paesi maggiormente colpiti dalla crisi del debito lasciano immaginare che sarà ancora più difficile – stanti queste politiche – trovare una via d’uscita dalla recessione.

La disoccupazione nell’Europa a 27 ha toccato un nuovo picco massimo ( Financial Times ) del 11,8 per cento nel mese di novembre, mettendo in evidenza lo stato disastroso dell’economia, a dispetto delle speranze di una graduale ripresa per quest’anno. Circa 26.000.000 di persone erano senza lavoro nel mese di Novembre, pari al 10,7 per cento della forza lavoro. Il più grande aumento (Associated Press) della disoccupazione nel corso dell’ultimo anno ha avuto luogo in Grecia, dove la disoccupazione è schizzata al 26 per cento nel mese di Settembre, anche se il più alto tasso complessivo è stato in Spagna, al 26,6 per cento nel mese di Novembre. Le cifre riflettono un’economia pericolosamente fragile, nonostante un miglioramento dei mercati finanziari e gli indicatori economici di lungo periodo avessero suggerito che la fase acuta della crisi del debito sovrano in Europa poteva stare volgendo al termine.

“L’economia della zona euro si è contratta nel secondo e terzo trimestre dello scorso anno, e l’aumento della disoccupazione si aggiunge ad altre recenti evidenze suggerendo che anche per gli ultimi tre mesi del 2012 sarà segnalata una contrazione. Né questo è probabilmente l’ultimo aumento del tasso di disoccupazione , dal momento che i governi tagliano posti di lavoro e le aziende rimangono riluttanti ad assumere a fronte di una domanda stagnante e in mezzo a una perdurante incertezza circa le crisi fiscali e bancarie della zona euro “, scrivono Paul Hannon e Alex Brittain per il Wall Street Journal.

“La BCE è stata più volte spinta all’azione dall’aggravantesi crisi del debito in Europa nel corso degli ultimi tre anni, ma ha ottenuto un po ‘di calma solo con la sua ultima, non ancora verificata, la promessa di acquistare obbligazioni emesse da Stati che cercano un piano di salvataggio ufficiale. Le aspettative che le tariffe saranno lasciate invariate dopo l’incontro di Giovedì sono supportate dal buon inizio d’anno per le obbligazioni a rischio dell’eurozona dopo il tardivo accordo per evitare una crisi fiscale negli Stati Uniti “, scrive William James per Reuters.

 

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Olanda: sei un sindacalista? Rischi l’arresto!

Il 22 novembre 2012, i rappresentanti sindacali dell’Abvakabo FNV, il più importante sindacato del pubblico impiego in Olanda, hanno provato ad accedere in un’azienda di Arnhem, la Pleyade, che si occupa di assistenza alla persona. Il sindacato (che è anche federato alla Confederazione Europea dei Sindacati, insieme a CGIL, CISL e UIL, quindi sarà anche piuttosto moderato) sta cercando di organizzare sempre più lavoratori del pubblico impiego, e in particolare quelli che lavorano nei cosiddetti “settori di cura”, per provare a resistere ai tentativi di smantellamento e privatizzazione del settore che vengono portati avanti con sempre più arroganza in Olanda come nel resto d’Europa. Continua a leggere

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Il binario morto della locomotiva tedesca

La locomotiva tedesca sembra correre, ma la sua corsa procede su un binario morto. Il riferimento non è tanto alle ultime dichiarazioni di Draghi sulle stime al ribasso per la crescita tedesca nel 2012 e per il 2013, né alla riduzione del volume di esportazioni (che hanno costituito un vero e proprio volano per l’economia tedesca). Il binario morto dell’economia tedesca è quello dell’accelerazione dello sfruttamento del lavoro,, che costa pesantemente, anche nella “benestante” Germania, in termini di disoccupazione, abbassamento del costo del lavoro, precarizzazione delle esistenze, riduzione dei servizi sociali. Continua a leggere

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Tre anni di attacchi al lavoro: la storia recente delle intese sulla riforma della contrattazione

L’accordo sulla produttività siglato da Confindustria, altre associazioni datoriali, CISL, UIL e UGL il 16 Novembre scorso, è l’ultimo di una serie di accordi (tutti allegati in fondo all’articolo) che negli ultimi tre anni hanno modificato l’assetto relativo alla contrattazione e alla rappresentanza.

Ricostruire sinteticamente questa storia è utile per capire gli interessi in campo e le tendenze: un rapido confronto con paesi dove modelli simili sono già applicati può darci un’idea del futuro che ci aspetta.

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Un autunno che sembra estate: alcune riflessioni sulle recenti mobilitazioni

Faceva molto caldo il 12 Novembre, quando lavoratori, disoccupati, precari, studenti sono scesi in piazza a Napoli contro la visita del ministro Fornero, difendendo la strada e il corteo per oltre mezz’ora dalla pioggia di lacrimogeni e dalle cariche delle forze dell’ordine; faceva molto caldo il 14 novembre, quando mezza Europa è scesa in piazza per gridare che i lavoratori non ci stanno a pagare i costi della crisi in cui il capitalismo è ripiombato. L’autunno caldo non è più solo un’efficace immagine per indicare una stagione di lotte: il cambiamento climatico ha come risvolto positivo quello di poter fare cortei in maglietta a metà Novembre.

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Verso il 14 Novembre: Appello dei gruppi della sinistra radicale tedesca e austriaca

Una conclusione positiva del 2012. Vi è motivo di rallegrarsi in un situatione molto incerta.

„Interventionistische Linke“ e „…ums Ganze!“ Alleanza a sostegno dello sciopero generale nell’Europa meridionale il 14 e il 16 novembre 2012Il 14 Novembre si svolgeranno scioperi di massa in Spagna, Portogallo, Cipro e Malta; seguiranno la Grecia e l’Italia. L’intento dello sforzo internazionale nell’Europa meridionale è il superamento della parcellizzazione delle lotte. Siamo contenti che i movimenti, le individualità, i declassati e gli indignati nell’Europa meridionale facciano un passo in avanti, e anche se noi ancora non abbiamo potuto dare grandi contributi a questo percorso vogliamo esprimere la nostra solidarietà al primo sciopero generale a livello transnazionale in Europa! Insieme contro la Troika, la BCE e contro le strutture scioviniste dell’UE e le sue committenti e usufruttuarie tedesche! Contro il fantasma reazionario delle soluzioni nazionali e della distorsione razzista del concetto di comunità!

Quest’estate è emerso che quando il governo della Germania manda il suo personale nelle capitali dell’Europa è come se le inviasse nello stato d’emergenza. A Atene è diventato necessario sbarrare interi quartieri e occupare le strade con plotoni paramilitari. L’indignazione e lo sdegno sono talmente militanti che ogni contatto tra la popolazione e la delegazione tedesca deve essere impedito per assicurare la sicurezza dei visitatori.

Le città tedesche, invece, sono ancora un terreno sicuro per l’entourage del capitale, tranne brevi parentesi. Nella primavera del 2012, infatti, la giornata internazionale M31 e Blockupy Frankfurt hanno interrotto, almeno locale e temporaneamente, la pace interna, suscitando isteria nei diversi apparati di sicurezza. Per quattro giorni la città è stata occupata dai Robocops del potere: un primo piccolo fiato greco sulla riva del Meno. Proprio per questo sosteniamo gli scioperi di Novembre!

La sinistra antagonista in Germania deve misurarsi nuovamente con il compito di ostacolare le solite chiacchiere sulla crisi che servono unicamente a salvaguardare il sistema e deve fare in modo che le proteste europee possano svilupparsi anche in Germania. Non è facile. Per affrontare questa sfida dobbiamo collegare le nostre iniziative con le iniziative di tanti altri. Dobbiamo raggiungere l’unità delle lotte per diventare, nonostante le varie differenze, un movimento che infonda coraggio e crei prospettive.

Insieme con molti altri militanti della sinistra antagonista, „ums Ganze!“ e la “Interventionistische Linke” hanno contribuito alla riuscita delle giornate internazionali sia in Marzo che nel Maggio 2012. Evidentemente, entrambe le mobilitazioni hanno evidenziato i loro limiti e questi limiti sono anche i nostri. Però dobbiamo, almeno in parte, declinare le responsabilità del fatto che questo sforzo non è stato sufficiente per mettere in moto scioperi anche in Germania. La solidarietà con le lotte del sud non supererà mai lo stato di “incidenti nelle retrovie” se come movimento non saremo in grado di rompere il corporativismo nazionale all’interno di sindacati e società.

Affrontiamo, dunque, anche noi il passo in avanti. Solidarietà con centinaia di migliaia di persone ad Atene, Madrid, Lisbona e Roma significa riuscire a portare, come loro, lo sciopero nelle metropoli; significa collegare la resistenza contro lo sfruttamento sul posto di lavoro con le lotte contro la distruzione capitalista del patrimonio pubblico per rompere la follia di questa vita quotidiana. I movimenti del sud hanno già imparato, e anche noi stiamo imparando, a casa nostra e nel collegamento transnazionale dei movimenti. Dobbiamo intervenire, è in gioco tutto.

Faremo noi stessi quel che proponiamo di fare anche ad altri: Solidarietà transnazionale nelle attività anticapitaliste. Le riunioni a Madrid e Thessaloniki sono state solo l’inizio, altre ne seguirannno. Apprendiamo l’uno dall’altro. Abbiamo sentito che a Madrid e Barcelona verranno realizzate idee adatte. Chiudiamo lo spazio all’Europa del capitale, rompiamo l’emergenza imperialista e la sua normalizzazione. Negli scioperi del 14 e 16 novembre si potrebbero aprire prospettive per le quali vale la pena combatte. Per noi ancora non è detto che la nuova BCE aprirà le sue porte nel 2014 a Francoforte.

„…ums Ganze! – Alleanza Comunista“ e „Interventionistische Linke“

Novembre 2012

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