Il nuovo codice del lavoro iracheno, codice di un nuovo schiavismo

[pubblichiamo la traduzione di un contributo di Falah Alwan, presidente della Federazione dei consigli operai e dei sindacati in Irak (FWCUI), sul nuovo codice del lavoro in Irak (il testo in francese è disponibile qui). Riteniamo importante questo tipo d’informazioni che ci dicono, a distanza di quasi dieci anni dall’intervento, di che natura sia la “democrazia” esportata con le armi. La natura delle riforme in discussione è, per molti aspetti, simile a quella che caratterizza gli attacchi che abbiamo subito anche qui da noi: la libertà di licenziamento di cui si parla nell’articolo non è altro che l’esito dell’abolizione, da noi, dell’art. 18. Le aggressioni imperialiste, rafforzando il capitale, non fanno altro che mettere i padroni in una posizione di vantaggio che permette loro di indebolire e schiacciare insieme al proletariato dei paesi dominati dall’imperialismo, anche quello dei paesi imperialisti: questa banale constatazione ci restituisce il senso e l’utilità della mobilitazione antimperialista, non per semplice solidarietà con gli oppressi, per quanto importante sia, ma per la consapevolezza che un attacco a una parte del proletariato è un attacco al proletariato tutto. Questo è il senso, da recuperare, dell’internazionalismo.]

Più di 100 emendamenti sono stati presentati sui 156 articoli che formano la bozza del nuovo codice del lavoro. Un tale problema significa che questo nuovo codice è inaccettabile, e queste obiezioni lo minano.

Dal 2004, ci sono state cinque bozze del nuovo codice del lavoro in Irak, alcune delle quali non furono rese note né pubblicamente né ai sindacati operai. Il Ministro del Lavoro, in accordo con la federazione governativa (Iraqi Federation of Trade Unions IFTU: il solo sindacato riconosciuto attualmente in Irak, fondato anche dal Partito Comunista dell’Irak nel 2003) ha elaborato l’ultima bozza del codice del lavoro in maniera surrettizia, come se stessero preparando una cospirazione. Gli altri sindacati in Irak ne hanno avuto delle copie dell’ultima versione solamente un anno fa, grazie al Solidarity Center.

Il progetto recente del codice del lavoro non è solamente il risultato di uno sviluppo normale delle necessità economiche o una sorta di rimedio alla crisi economica. È il risultato diretto della politica del Fondo Monetario Internazionale imposta dall’occupazione americana in combutta col governo. Dunque combattere questo nuovo codice significa combattere contro le politiche d’occupazione e il neoliberismo.

Lo spirito del progetto è di legittimare gli interessi capitalisti e di difenderli in un quadro ufficialmente autorizzato.

Le osservazioni sono talmente varie che non possiamo esporle tutte nei dettagli; ci focalizzeremo, dunque, solamente sui punti importanti.

Il nuovo codice del lavoro conferma le leggi del vecchio regime, che considerava i lavoratori del settore pubblico come pubblici ufficiali, privandoli dei diritti e delle garanzie elementari, vietando loro il diritto d’organizzazione e di sciopero.

Molti articoli del nuovo codice del lavoro sono fatti per assicurare gli interessi capitalisti. Più di un articolo da ai capitalisti il diritto di licenziare i lavoratori senza motivo. Il licenziamento degli operai è a dicrezione del proprietario della fabbrica.

Nel 2004, il governo iracheno ha accettato sei condizioni del FMI come necessarie per un prestito obbligatorio di circa 436 milioni di dollari. Tutte queste condizioni sono senza alcun dubbio l’espressione delle nuove politiche liberiste.

Il nuovo codice del lavoro riflette chiaramente e apertamente gli interessi di classe dei capitalisti. Esso legittima lo sfruttamento giustificando l’avidità dei capitalisti. In una parola, il nuovo codice del lavoro è un quadro per intensificare e giustificare lo sfruttamento e la repressione dei lavoratori, e permettere al nuovo modello liberista di controllare l’economia in Irak.

Il preambolo del progetto facilita le condizioni d’investimento dei capitalisti: non c’è alcuna conferma reale del diritto di sciopero, protesta, raduno e manifestazione.

Non c’è alcuna garanzia dei diritti dei lavoratori come l’assicurazione contro il licenziamento, l’assicurazione contro la disoccupazione, la garanzia della sicurezza.

Noi sappiamo che non possiamo imporre la fine dello sfruttamento o la conquista di tutti i diritti per la classe operaia cambiando o riformando il codice del lavoro. Inoltre, la realizzazione di un nuovo codice non cambierebbe il sistema di proprieta né determinerebbe la realizzazione di una nuova società, cioé del socialismo.

In realtà le nostre critiche al nuovo codice sono allo scopo di realizzare delle riforme per il diritto di sciopero, di manifestazione, l’assicurazione contro la disoccupazione e il diritto di organizzare e riunire i sindacati, in una parola, di rinforzare la capacità della classe operaia di lottare contro gli sfruttatori e il capitalismo.

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