“Que se lixe a Troika!” : successo per le manifestazioni in Portogallo contro il governo e contro il FMI

Quasi 20.000 persone a Lisbona, altre migliaia a Porto, centinaia di lavoratori, studenti, disoccupati in piazza nelle principali cittá del paese: la manifestazione convocata dal coordinamento “Que se lixe a Troika” é stata indubbiamente un successo. Continua a leggere

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Le lotte non si processano – compagn* liber*!

La manifestazione di sabato ha visto la partecipazione di più di 70.000 persone. Un numero enorme, che appare ancora più grande, se pensiamo che nessuna sigla di partito o istituzionale vi ha preso parte.

La rivendicazione di diritti, lavoro, casa e servizi sociali ha messo insieme la parte migliore di un Paese per anni anestetizzato da chi ha tentato collaborazionismi con i partiti filo-europeisti e da chi ha tentato di convincerci della necessità di costruire un clima di coesione nazionale fra operai, proletari e padroni, con la conseguente distribuzione iniqua dei sacrifici a carico della classe operaia. Abbiamo urlato, il 14 Dicembre 2010 e il 15 Ottobre 2011, che non avremmo pagato la crisi di nessuno, che non avremmo accettato di portare il peso di anni di sfruttamento e di umiliazione sul posto di lavoro. Lo abbiamo urlato anche lo scorso 19 Ottobre, a Roma, insieme ai comitati per la casa, agli studenti, ai migranti, e ai lavoratori che in questi anni hanno lottato contro i piani di ristrutturazione che si sono susseguiti con licenziamenti e casse integrazioni.

Finora, però, assistevamo alle dissociazioni di chi in piazza ci invitava a mantenere la calma, ci chiamava violenti, sobillatori, incoscienti, irresponsabili. Sabato, invece, abbiamo assistito a uno spettacolo diverso.

Sabato ci siamo ritrovati in una piazza unita, coesa, attorno a parole d’ordine chiare, limpide, condivise. Questa volta, nessuno si è dissociato. Gli anni di sacrifici e di umiliazioni si sono trasformati in rivendicazioni forti, e i manifestanti, di fronte alla repressione scientifica, chirurgica, della polizia, oggi, sono decisi su quale sia la parte giusta, nonostante le mistificazioni della stampa compiacente e nonostante il clima di terrore che era stato montato.

Gli arresti di Sabato confermano che l’unica risposta dello Stato a chi chiede diritti è la repressione:  violenza bruta delle forze dell’ordine, violenza burocratizzata della magistratura. In questo preciso momento sei compagn* sono ancora in carcere, in attesa di un’udienza di convalida prevista per domani mattina.

Ancora una volta, però, il tentativo di criminalizzare le lotte sarà respinto con la nostra rabbia e la nostra partecipazione. Mercoledì mattina saremo al presidio di fronte al carcere di Regina Coeli per far arrivare alle compagne  e ai compagni prigionieri tutta la nostra solidarietà. Venerdì mattina per le strade di Napoli, in corteo, per ribadire, ancora una volta, che le lotte non si processano.

 

Libertà per Sara, per Celeste, per Rafael, per Giovanni, per Raffaele, per Massimo.

Libertà per tutti i compagni e le compagne arrestat*, per riabbracciarvi tutt* liber*

Solidal* e unit* con chi lotta!

 

La cuoca di Lenin – lacuocadilenin.noblogs.org

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Costruire nuove organizzazioni politiche e sindacali: un intervento dal Portogallo

[ha suscitato forti discussioni la decisione della CGTP, il principale sindacato dei lavoratori portoghesi, legato al PCP, di accettare l’arrogante divieto governativo di sfilare, oggi, sul ponte 25 de Abril, luogo simbolico di Lisbona, attestandosi su una semplice chiamata ad un concentramento ai piedi del ponte. La debolezza e la remissività della direzione della CGTP, facendo salva la buona fede, è indicativa della necessità di rinnovare dal basso le organizzazioni politiche e sindacali, ma soprattutto sull’esigenza che i lavoratori riprendano direttamente la parola sulla tattica e la direzione delle loro lotte. Pubblichiamo a proposito la traduzione di un intervento di Raquel Varela, ricercatrice presso l’Università Nova di Lisboa, pubblicato sulla rivista “Rubra“]

La “paura” dei portoghesi è un’invenzione (di Raquel Varela)

Per il movimento dei lavoratori, poche cose ci sono di così nefaste come l’autocensura, imposta dall’idea per cui il disaccordo in pubblico smobiliti. C’è una pressione per non commentare la decisione della CGTP di arretrare di fronte al governo, perché questo smobiliterebbe rispetto alla protesta del 19, ossia, perché non sarebbe “tattico”.

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Cambia il tempo! Lavorare meno, lavorare tutti!

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Appello per la costruzione di uno spezzone anticapitalista e di classe al corteo del 19 ottobre a Roma Continua a leggere

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Insegnanti in piazza in Brasile

Anche questa settimana, sulla nostra mailing list, troviamo decine di notizie che riguardano lotte in tutto il mondo. Più passa il tempo, più diventa chiara l’omogeneità delle strategie che i governi dei Paesi a capitalismo avanzato mettono in campo per ridefinire equilibri sociali favorevoli alla sopravvivenza del sistema produttivo capitalista. Continua a leggere

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Portogallo: il governo tenta di zittire le proteste

Due imponenti manifestazioni sono in procinto di attraversare tutto il paese affacciato sull’Atlantico nei prossimi giorni: si tratta della manifestazione convocata dalla Confederaçao Geral dos Trabalhadores Portugueses (CGTP) il prossimo 19 Ottobre e della manifestazione generale contro le politiche affamatorie del governo di Passos Coelho il 26 Ottobre. Per paura della dimensione delle imminenti proteste, il governo ha tentato di vietare il corteo del 19 adducendo pretestuose ragioni di sicurezza. Naturalmente il tentativo è destinato ad andare a vuoto. Traduciamo di seguito il comunicato dell’associazione Precarios Inflexiveis.

TUTTI PER LE STRADE, TUTTI SUI PONTI!

Perdurando il disastro umanitario che si abbatte sul paese, che si conferma e aggrava con la presentazione del Bilancio dello Stato per il 2014, facciamo appello a tutta la popolazione affinché manifesti contro la politica di massacro portata avanti da più di due anni da questo governo. Continua a leggere

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Rivista “Zweite Hand”: licenziamenti e TFR negati

Pubblichiamo la traduzione di un articolo tratto dal giornale Taz, relativo alla casa editrice tedesca „Zweite Hand“ (seconda mano), dove i lavoratori stanno lottando per avere il loro trattamento di fine rapporto. Attacco al salario? No? Allora attacco al TFR! Molte aziende cercano ogni genere di escamotage per non pagare o pagare poco. In questo caso l´azienda Zweite Hand del Gruppo editoriale Tagesspiegel non ha suggerito di richiedere il sussidio Hartz IV come ha fatto la Daimler, non ha proposto il super-flessible 1-Euro-Job o il Minijob a € 450,- ma ha dimostrato di avere ancora piú creativitá: pur di non pagare i lavoratori quanto gli spetta, la Zweite hand ha infatti costituito la Transfergesellschaft (vedi di seguito) o “societá di trasferimento”, appoggiandosi quindi all´ufficio del lavoro e scaricando in questo modo tutto sulle spalle dei contribuenti.

 http://www.taz.de/Aus-fuer-die-Zweite-Hand/!125019/

Cacciati via

Per Zweite Hand é ormai la fine: la casa editrice che fa parte del gruppo editoriale Tagesspiegel chiuderà i battenti il 31. ottobre. Dei 20 lavoratori ne verranno licenziati 16, secondo quanto riferisce il sindacato. Oggi Ver.di invita tutti allo sciopero e chiede la partecipazione di tutti i mezzi di stampa, per sostenere questi lavoratori nella loro lotta attraverso un atto di solidarietà.

Temiamo che il comportamento adottato dalla dirigenza potrebbe essere un modello per futuri cambiamenti in seno a Tagesspiegel e Zitty” (un´altra casa editrice), ha dichiarato Jörg Reichel, il segretario del sindacato Ver.di. Lo scopo dello sciopero indetto da Ver.di è soprattutto quello di lottare per garantire subito il trattamento di fine rapporto.

Al momento la dirigenza si rifiuta infatti di voler pagare il TFR. Il presidente del Tagesspiegel Alfon Frese ha dichiarato al giornale Taz che i lavoratori licenziati saranno inseriti in una “società di trasferimento” (Transfergesellschaft – vedi Nota in basso). In questo modo i lavoratori potranno formarsi e/o frequentare corsi per un anno, così da qualificarsi per un nuovo rapporto di lavoro. “Posso capire i colleghi”, dice Frese. “Vogliono ciò che gli spetta, non la società di trasferimento”.

Per coloro che sono informati dei fatti tutto questo non rappresenta certo una sorpresa. Secondo il sindacato Ver.di la situazione economica del settimanale è infatti già da tempo oggetto di discussione. Ciononostante, ha criticato il sindacato, non ci sono stati seri sforzi da parte del Gruppo Tagesspiegel per trovare una soluzione. Frese ha inoltre aggiunto che gli errori “sono stati commessi nel corso di molti anni“, ad esempio si è investito molto tardi in una presenza online del giornale.

Che però ora ai dipendenti venga negato il trattamento di fine rapporto è per il sindacato uno “schiaffo in piena faccia“, come ha riportato in un´intervista Reichel. Con l’annuncio della loro intenzione di costituire una società di trasferimento, il Gruppo Holzbrinck, di cui fa parte Tagesspiegel, ha dimostrato di voler fare un vero e prorpiio saccheggio a spese dei contribuenti, questo perché una buona parte dei costi è coperta dall´Agenzia del lavoro (Arbeitsamt). Infatti il TFR potrebbe (e sicuramente lo è) molto costoso per l´azienda: molti dipendenti lavorano lí da piú di vent´anni.

Nel frattempo la casa editrice cerca di restare in piedi con quattro dipendenti. L´annuncio dell’imminente chiusura è arrivato da parte della dirigenza a fine settembre, in concomitanza con la notizia della pubblicazione del Bootshandel (NdT. giornale online di Tagesspiegel) ad opera di della casa editrice Zitty.

http://www.bootshandel-magazin.de

Il sindacato ritiene che dietro questo smantellamento del settimanale Zweite Hand ci sia il tentativo di vendere separatamente la rivista Bootshandel. Il sindacato teme più di tutto che il comportamento adottato per i dipendenti di Zweite Hand possa essere applicato anche ai colleghi di Tagesspiegel e di Zitty (…).

 

Transfergesellschaft – La Transgesellschaft o societá di trasferimento è uno “strumento” definito (indirettamente) nella legge § 110 SGB III (31. marzo 2012: § 216b SGB III a.F.). Le Transfergesellschaften perseguono lo scopo di creare concretamente per un massimo di 12 mesi strumenti atti a ottenere il prima possibile nuove occupazioni. I beneficiari sono i lavoratori che sono stati licenziati. Le societá di trasferimenti hanno inoltre lo scopo di comunicare a questi lavoratori nuove richieste di lavoro. L´inserimento in una societá di trasferimento non é obbligatorio per il lavoratore e viene concordato insieme all´ufficio del lavoro (Arbeitsamt).

 

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Avviso di garanzia agli operai della Ford di Genk (Belgio) e ad un collega di Colonia. L´accusa: difendere il proprio posto di lavoro dopo il licenziamento

[Oggi sulla Homepage di www.labournet.de é apparsa la lettera di solidarietà per i colleghi della Ford di Genk (cittá di circa 65.000 abitanti a 20 km da Maastricht), colpiti da avviso di garanzia per aver protestato nel Novembre 2012 contro la chiusura dello stabilimento prevista per il 2014.

Ci sembra utile ricordare che la solidarietà deve andare di pari passo con la lotta su un piano internazionale per contrastare gli effetti del potere capitalista (attacco al lavoro, sfruttamento, abbassamento dell´agibilità politico-sindacale, ecc.). Nella tendenza sempre più marcata dell´aumento della precarietà e della diminuzione dei diritti dei lavoratori, quale il diritto ad un lavoro dignitoso o il diritto a scioperare quando questo ti viene tolto, la solidarietà diventa un´arma, una voce. Di seguito riportiamo la traduzione di un articolo pubblicato su Labournet, che fa capire quanto é profondo l´attacco perpetrato in diversi modi contro i lavoratori]

http://solikreis07nov.wordpress.com/2013/10/10/solidaritat-mit-den-ford-kolleginnen/

“Abbiamo voluto mettere in guardia i nostri colleghi a Colonia. Ogni giorno può accadere che vengano approvati tagli di posti di lavoro e chiusure di stabilimenti.”

(Citazione di un operaio di Genk dell´8. Novembre 2012)

Il 7. novembre hanno scioperato 250 persone tra operai e sindacalisti di Genk davanti la centrale europea della Ford con sede a Colonia, protestando contra la prevista chiusura dello stabilimento nel 2014. Ora la procura di Colonia ha fatto inviare degli avvisi di garanzia a 15 operai della Ford di Genk e ad un collega di colonia a loro solidale. L´accusa é quella di aver agito da “caporioni” in modo violento durante la protesta. La punizione prevista, in caso di condanna, va da sei mesi a dieci anni.

Cosa sono andati i fatti?

Due settimane prima dello sciopero e precisamente il 24 ottobre, si decide che lo stabilimento automobilistico della Ford con 4.300 dipendenti deve chiudere entro la fine del 2014. Se si sommano anche tutti i posti di lavoro legati all´indotto si arriva a circa 10.000 dipendenti. Quindi, la chiusura dell’impianto significa un´immensa perdita per un’intera regione del Belgio.

Quando un dipendente della Ford di Colonia scopre della chiusura dello stabilimento in Belgio e dell´inizio delle proteste si rivolge subito al suo consiglio di fabbrica, con la proposta di sostenere i colleghi nella loro lotta. La risposta lapidaria dei funzionari di IG-Metall é: “Purtroppo non abbiamo alcun contatto in Belgio. Il coordinamento di una azione di solidarietà non è quindi possibile.”

Poi però alcuni colleghi di Colonia decidono di organizzare un´azione di solidarietà e vanno a far visita agli operai di Genk. Lì, dopo un´accoglienza a braccia aperte, nasce l´idea della protesta durante la riunione del consiglio di fabbrica europeo nel quartier generale di Colonia. La richiesta degli operai belgi é chiara: distribuire la produzione della Ford a tutte le sedi europee invece di chiudere lo stabilimento di Genk. Il 7 Novembre si mettono in marcia circa 250 operai di Genk su 5 autobus: direzione Colonia. Entrano nella fabbrica, si dirigono verso l´area A e chiedono un immediato colloquio con Hinkelmann, il presidente del consiglio generale di fabbrica. Invece di ricevere gli operai, Hinkelmann cerca di “placare gli animi”, invitando a spostare la protesta alla domenica successiva. La proposta viene rifiutata con urla e fischi dagli operai indignati.

La furia della polizia

Quando gli operai di Genk lasciano lo stabilimento di Colonia dopo una breve occupazione, vengono attaccati e circondati da una massiccia presenza di polizia (si parla di diverse centinaia di poliziotti). Vengono impiegati un elicottero e 120 pattuglie per far spegnere la protesta. La polizia giustifica ciascun controllo (fisico e degli effetti personali) come necessario ai fini di una successiva azione penale. Molti operai si sono sentiti come i loro colleghi del periodo dell´occupazione del Belgio durante la seconda guerra mondiale. Allora, durante un discorso nel corso di una protesta simile a quella del 2012, gli operai furono presentati come dei veri criminali. Al responsabile della Ford Bernhard Matthes (da Colonia), a Phelipe Verbeek (da Genk) e a Stephen Odell (responsabile per l’Europa) gli operai risposero: “non noi, ma voi dovete essere incriminati!”.

Parallelismi con lo sciopero della Ford del 1973

Parallelamente agli attacchi da parte della polizia é stato impedito l´accesso alla fabbrica agli operai di Colonia che hanno mostrato solidarietà con gli scioperanti belgi. Non é stata una azione del tutto nuova quella relativa alla chiusura dello stabilimento e all´impiego immediato delle forze di polizia, oltre che al coinvolgimento degli amministratori e delle forze sindacali per sedare la protesta: tutto questo accade infatti proprio al 40° anniversario dello sciopero degli operai della Ford del 1973.

(…)

Morire da soli o combattere insieme?

L’industria automobilistica è fortemente monopolizzata oggi e la concorrenza tra i produttori di auto si è intensificata immensamente. Mentre la Volkswagen sembra uscire più forte dalla crisi economica globale, spostando anche capitali immensi in Asia e perseguendo con forza il piano di diventare leader mondiale del settore, aziende come la Opel/General Motors e Ford hanno cercato di risanare le loro finanze in Europa a scapito dei dipendenti. In un momento in cui la produzione industriale è organizzata in catene di produzione a livello mondiale, questo funziona per le imprese capitaliste solo queste ultime sanno come mantenere “sotto controllo” i loro operai.

Per perseguire questo scopo, vengono utilizzati diversi metodi, mettendo ad esempio gli operai gli uni contro gli altri. Oppure si accentua la divisione tra coloro che sono assunti direttamente e coloro che sono impiegati con contratto interinale; é passato più volte il messaggio secondo il quale le aziende di somministrazione del personale sarebbe quelle che hanno saputo offrire “un buon servizio” alle imprese tedesche durante la crisi.

Un altro mezzo é lo sciovinismo-della-sede, accentuato da forze sindacali come quella di IG-Metall: nel caso della Opel é accaduto infatti che il presidente del consiglio di fabbrica di Bochum ha parlato contro gli interessi degli operai di Antwerp dichiarando al quotidiano WAZ il 07. aprile del 2010: “la fabbrica belga non dovrebbe essere salvata a costo di quella di Bochum”.

La produzione dei modelli Ford Mondeo, S-Max e Galaxy dovrebbe essere spostata a Valencia dopo la chiusura di Genk, in seguito la produzione verrebbe delocalizzata a Saarlouis (in Germania).

Per il padronato tedesco vale la regola “pericolo scampato”. L´esempio della Opel ha mostrato che anche se si ottengono delle concessioni in forma di alcuni contratti di lavoro per un pó di tempo, finisce tutto con la distruzione del movimento di lotta e con la disoccupazione se gli operai non adottano una linea dura nella loro protesta.

Come operai possiamo riflettere su un punto, se cioè vogliamo cedere a questa logica disfattista e distruttiva oppure se vogliamo costruire qualcosa insieme e condurre una lotta autonoma, che travalica i confini della fabbrica e perfino i confini nazionali, senza farsi bloccare da “istanze” preordinate. L´azione degli operai di Genk ha mostrato quello che possiamo fare anche noi. Non siamo soli!

La solidarietà é necessaria

Molti operai che lottano contro la cancellazione del proprio posto di lavoro subiscono procedimenti penali nei loro confronti. Si pensi al caso Nokia di Bochum, la Schlecker, la TSTG di Duisburg, la Opel di Bochum, la Siemens, la Outokumpu e molti altri. La criminalizzazione dell´azione portata avanti dagli operai di Genk e dai loro sostenitori é un attacco a tutti coloro che lottano per un salario dignitoso.

Oltre ai procedimenti penali la Ford potrebbe adottare altre misure, tra cui il licenziamento.

Per questo é necessaria la solidarietà verso gli operai che hanno manifestato il 7. novembre: il vero crimine é chiudere le aziende e le fabbriche, mettere migliaia di persone in mezzo a una strada e privarle di un´esistenza dignitosa. La lotta contro la cancellazione dei posti di lavoro é giusta e non ci lasciamo intimidire da atti giudiziari.

(…)

La lotta contro i licenziamenti di massa é legittima!

Per una solidarietà di classe internazionale!

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Politica di repressione, controllo e mistificazione. Dagli USA un sussidio per prevenire il terrorismo

Prendiamo spunto da un articolo che contiene un’analisi – quantomeno – discutibile (http://www.aina.org/news/20131004150127.htm), per segnalare una notizia che ci sembra interessante.

Durante una riunione del Forum globale antiterrorismo (Global Counterterrorism Forum – GCTF), venerdì scorso a New York, il segretario di stato statunitense John Kerry, d’accordo con il ministro degli Esteri turco Ahmet Davutoglu, ha lanciato la proposta di istituire un “Fondo globale per l’impegno e la resilienza della comunità”. L’obbiettivo dichiarato di tale investimento di denaro sarebbe quello di “sostenere le comunità locali e le organizzazioni per contrastare l’ideologia estremista e promuovere la tolleranza”; ciò avverrebbe essenzialmente fornendo ai “potenziali jihadisti” denaro e posti di lavoro. Il discorso di Kerry è stato centrato sull’importanza di “assicurare opportunità economiche ai giovani emarginati a rischio di reclutamento”, che il GCTF pretende di aiutare, stanziando 200 milioni di dollari per un progetto dal titolo “contrastare l’estremismo violento” (CVE).

Il nome del progetto parla chiaro, e palesa la volontà delle classi dominanti di rimediare ai rischi che la crisi può provocare per la tenuta dello status quo politico ed economico. La proposta di Kerry rientra tutta in una prospettiva fin troppo nota. La borghesia, infatti, ha ben chiaro che la povertà e la disoccupazione generano malcontento e pericolo per la pace sociale, di conseguenza agisce su diversi piani: quello della mistificazione, che precede – come premessa e giustificativo –la repressione è il modello fatto proprio da Kerry. Con la proposta CVE, viene messa in piedi una campagna di propaganda che va in due direzioni: 1. assimilare il terrorismo islamico a qualsiasi forma di lotta per il lavoro e contro la repressione; 2. veicolare l’idea di un’equazione tra povero-straniero-delinquente, che le politiche occidentali degli ultimi 20 anni hanno potenziato e fatto circolare.
Kerry ha detto che questo denaro sarebbe stato utilizzato per “contestare la narrazione della violenza che viene usata per giustificare l’uccisione di persone innocenti”. Noi contestiamo, invece, la narrazione, ad opera del potere borghese, della “non violenza” utilizzata nella repressione delle lotte contro il capitale in tutte le sue declinazioni: lavorare meno, lavorare tutti, diritto all’abitare, riprenderci il futuro!

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Diritti negati, mancanza di sicurezza sul lavoro, esternalizzazione, lavoro interinale

Sciopero alla Mercedes-Benz di Brema – 01.10.2013

Il primo ottobre é stato indetto il quarto sciopero degli operai della Mercedes con sede a Brema per l´esternalizzazione di alcune componenti della Mercedes e per lo spostamento della produzione dei modelli Coupé e Cabrio a Sindelfingen.

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