Verità e Giustizia per Sakine, Rojbin, Leyla, militanti curde assassinate a Parigi il 9 Gennaio 2013!

[manifestazioni di protesta, il 9 Gennaio scorso, a Parigi e a Marsiglia, per ricordare, a un anno dal triplice omicidio, le tre militanti del PKK  – Partito dei Lavoratori Curdi – assassinate a Parigi (un articolo di Contropiano pubblicato il giorno dopo cliccando qui). Dopo un anno durante il quale le autorità giudiziarie francesi si sono affannate ad avallare una improbabile pista interna, i manifestanti denunciano con forza il carattere politico dell’omicidio nonchè le responsabilità della Turchia, stato membro della NATO con il quale la Francia ha firmato un accordo di cooperazione nell’ambito della sicurezza interna. La sensazione è che si voglia portare ad un vicolo cieco le indagini in nome della ragion di Stato, come fu nel caso di Ben Barka, militante marocchino ucciso nel 1965, di Mecili, figura di spicco dell’opposizione algerina, ucciso nel 1987 e della militante anti-apartheid sudafricana Dulcie September, uccisa a Parigi nel 1988. La battaglia aperta è per spingere il governo francese ad abbandonare il processo di cooperazione poliziesca con la Turchia e per fare pressioni sull’Unione Europea per la liberazione di tutti i prigionieri politici curdi, tra i quali Abdullah Ocalan, e la cancellazione del PKK dalla lista delle organizzazioni terroriste. Traduciamo di seguito il ricordo delle tre compagne prodotto dal Kurdish Women’s Office for Peace]

CHI ERANO SAKINE, FIDAN E LEYLA?

“Sakine Cansiz era la Rosa Luxemburg dei Curdi”

Sakine Cansiz (1958-2013)

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Nata a Dersim, era curda e di credo Alevi, due identità negate dalla Turchia e che lei difendeva in tutte le occasioni. E’ anche per questo che si impegnò nel PKK, partecipando al congresso di fondazione nel 1978. Fino al suo assassinio Sakine era una dei cinque membri fondatori ancora in vita. Fu la prima donna membro di questa organizzazione che conta oggi migliaia di donne. Dopo aver militato nella regione di Elazig e di Bingol, fu arrestata in occasione del colpo di Stato del 12 settembre (1980,n.d.t.). Nella prigione di Diyarbakir dove fu prigioniera e torturata per lunghi anni, si è sempre ribellata al suo torturatore, il comandante Esat Oktay. La sua resistenza ne fece una leggenda vivente. Sakine è inoltre conosciuta, nel movimento di liberazione curdo, come la prima donna ad aver adottato una difesa politica in tribunale.

Dopo 12 anni di prigione riprende attivamente la lotta e contribuisce a molti dei maggiori progressi della storia del movimento. Nel 1995 partecipa al primo congresso di donne che costituirà la base della costituzione di un’organizzazione di donne dentro il movimento curdo. E’ stata testimone dell’ingresso delle donne nel movimento armato. Colei che ha partecipato attivamente per più di trent’anni alla lotta di liberazione del popolo curdo è stata di volta in volta comandante nella guerriglia, difensora dei diritti delle donne, insegnante nel campo profughi di Makmur, dirigente del PKK, formatrice nelle accademie politiche e rappresentante del movimento di liberazione curdo in Europa. Ma, tutte quelle e tutti quelli che l’hanno conosciuta diranno: lei era prima di tutto una nostra compagna, era la memoria della lotta per la liberazione delle donne e del popolo curdo.

Fidan Dogan (Rojbin) (1982-2013)

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Arrivata in Francia all’età di 9 anni con la sua famiglia che aveva trovato rifugio in questo paese, Fidan aveva, grazie a suo padre, imparato il francese in 6 mesi. molto presto decise di utilizzare la lingua che aveva appreso al servizio della lotta di liberazione del suo popolo. Lavorava con una notevole determinazione per far conoscere al mondo la causa del popolo curdo. La si poteva incontrare una volta nei corridoi del Parlamento Europeo per raccogliere le firme dei parlamentari, un’altra volta al fianco di chi faceva lo sciopero della fame, un altro giorno ancora a gestire l’organizzazione di una conferenza internazionale o dietro a uno stand in America Latina, o ancora, come interprete, accompagnando un deputato curdo venuto dalla Turchia.

Se questa morte barbara non avesse avuto luogo, avrebbe partecipato al Newroz storico di Diyarbakir, il 21 Marzo scorso. Avrebbe rivisto il villaggio che aveva dovuto abbandonare quando era una bambina. Era il suo sogno. Non è riuscita a realizzarlo lei stessa, ma è stato realizzato, per lei, da milioni di persone che hanno accolto le sue spoglie a Diyarbakir e l’hanno accompagnata fino al suo villaggio natale, Male Butan.

Leyla Saylemez (Ronahi) (1989-2013)

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L’esilio di Leyla era iniziato ancor prima della sua nascita. Aprì gli occhi a Mersin, regione nella quale la sua famiglia si era stabilita dopo essere stata costretta ad abbandonare il distretto di Lice, nella provincia di Diyarbakir. Nel 1993 quel distretto fu interamente raso al suolo dall’esercito turco. Leyla aveva allora 4 anni. All’età di 10 anni, Leyla conobbe un secondo esilio. Stavolta andò con la sua famiglia in Germania, dove ha ripreso a studiare insieme ai suoi fratelli e sorelle. Anche in esilio mostrava grande interesse per la sorte del suo paese messo a ferro e fuoco. Oltre alla scuola, partecipava alle attività culturali di una associazione curda. Fino al suo assassinio ha attivamente militato nelle fila della gioventù curda….

 

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