La formazione di una classe operaia mondiale

[traduciamo di seguito un breve ma interessante intervento di Michel Husson, economista e statistico francese da sempre vicino ai movimenti anticapitalisti. Il tema è la costituzione e le caratteristiche embrionali di una classe operaia mondiale, prodotto della globalizzazione del capitale: nulla di particolarmente originale, se non dovessimo constatare la fastidiosa persistenza di teorie che da decenni celebrano il funerale della classe operaia e del lavoro salariato – funerale che a quanto pare è più un (poco) pio desiderio di pensatori affascinati da post-ismi di varia natura che una oggettiva e sincera fotografia della realtà. Il dato interessante è la trasformazione oggettiva del lavoro salariato rispetto a come lo abbiamo conosciuto nel XX secolo: mentre nel ‘900 era internazionale la rappresentazione politica dei proletariati nazionali, a fronte di condizioni di sfruttamento profondamente diverse, oggi sembra che ci troviamo di fronte ad un soggetto costitutivamente internazionale, tendenzialmente omogeneo nelle condizioni di esistenza, drammaticamente diviso nella autorappresentazione cosciente. Ancora, il rapporto percentuale tra lavoro salariato nei paesi avanzati e lavoro salariato nei paesi emergenti deve spingere ad abbandonare ogni residuale eurocentrismo, pur inconsapevole, ed ogni spocchia nel guardare quantosi muove oltre lo stretto di Gibilterra e nei cosiddetti Sud del Mondo. E’ compito nostro approfondire questi aspetti per comprendere le basi dalle quali far ripartire l’azione politica: analisi anche brevi come quella di Husson sono, in tal senso, estremamente utili]

Durante gli anni ’90 un fenomeno decisivo si è prodotto con l’entrata nel mercato mondiale della Cina, dell’India e del vecchio blocco sovietico, che ha portato a un raddoppio della forza lavoro rispetto alla concorrenza sul mercato mondiale[1].

I dati dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro[2] permettono una stima del lavoro salariato su scala mondiale. Nei paesi “avanzati” è aumentato di circa il 20% tra il 1992 e il 2008, per poi restare stagnante con l’avvento della crisi. Nei paesi “emergenti” è aumentato di circa l’80% nello stesso periodo.(grafico 1).

Ritroviamo lo stesso tipo di risultato, ancora più marcato, per l’impiego nell’industria manifatturiera: tra il 1980 e il 2005 la manodopera industriale è aumentata del 120% nei paesi “emergenti” mentre è diminuita del 19% nei paesi “avanzati”[3].

La stessa constatazione emerge da uno studio recente del Fondo Monetario Internazionale[4] che calcola la forza lavoro nei settori esportatori di ogni paese. Si ottiene una stima della forza lavoro mondializzata, quella che è direttamente integrata nella catena del valore globale. La divergenza è ancora più marcata: tra il 1990 e il 2010, la forza lavoro globale così calcolata è aumentata del 190% nei paesi “emergenti” contro il 46% nei paesi “avanzati”(grafico 2).

 

Grafico 1
Il lavoro salariato mondiale

classow1Base 100 nel 1992. Fonte : OIL

Grafico 2
La forza lavoro globalizzata

classow2

Base 100 nel 1990. Fonte : FMI

La globalizzazione conduce quindi tendenzialmente alla formazione di un mercato mondiale e anche a quella di una classe operaia mondiale, la crescita della quale si colloca essenzialmente nei paesi cosiddetti emergenti. Questo processo si accompagna ad una tendenza alla salarizzazione della forza lavoro. Il tasso di salarizzazione (la proporzione di salariati nell’impiego) aumenta in modo continuo, passando dal 33% al 42% nel corso degli ultimi 20 anni. Si verifica anche che questa tendenza èpiù marcata per le donne (grafico 3).

 

Grafico 3
Tasso di salarizzazione nei paesi “emergenti”

classow3Fonte : OIL

 

La dinamica dell’impiego nel mondo è illustrata dal grafico 4 e si può riassumere in questo modo: quasi stabilità o debole avanzamento del lavoro dipendente nei paesi “avanzati”, esclusivamente aumento nei paesi “emergenti”: +40% tra il 1992 e il 2012, con un’accresciuta salarizzazione (lavoro salariato: +76%, altri impieghi: +23%).

 

Grafico 4
Ripartizione della forza lavoro mondiale

classow4Fonte : OIL

 

Per l’anno 2012, i dati dell’OIL portano alla seguente ripartizione dell’impiego mondiale in miliardi:

Lavoro dipendente nei paesi “avanzati” 0,47
Lavoro salariato nei paesi “emergenti” 1,11
Altro lavoro nei paesi “emergenti” 1,55
Lavoro mondiale 3,13

 

Questa classe operaia mondiale è estremamente segmentata, in ragione di scarti salariali considerevoli, ma la sua mobilità è limitata mentre i capitali hanno ottenuto una libertà di circolazione pressocché totale. A queste condizioni, la mondializzazione ha per effetto di mettere potenzialmente in concorrenza i lavoratori di tutti i paesi. Questa pressione concorrenziale si esercita sia sui salariati dei paesi avanziati che su quelli dei paesi emergenti e si traduce per una diminuzione tendenziale della parte dei salari nella massa delle entrate mondiali (Grafico 5).

 

Grafico 5
Parte dei salari nelle entrate mondiali 1970-2010

classow5In  % sul PIL. Calcoli effettuati sulla base di Stockhammer, 2013 [5].

Media dei seguenti paesi:
Germania, Australia, Austria, Belgio, Canada, Danimarca, Stati Uniti, Spagna, Francia, Finlandia, Irlanda, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia, Argentina, Brasile, Cile, Cina, Costa Rica, Kenya, Messico, Namibia, Oman, Panama, Perù, Russia, Africa del sud, Corea del sud, Thailandia, Turchia.

Note:

[1] Richard Freeman, « China, India and the Doubling of the Global Labor Force: Who Pays the price of Globalization? », The Globalist, Juin 2005.

[2] ILO, Key Indicators of the Labour Market (KILM)

[3] John Smith, « Imperialism and the Law of Value », Global Discourse [Online], 2: I, 2011.

[5] Engelbert Stockhammer, « Why have wage shares fallen? », ILO, Conditions of Work and Employment Series No. 35, 2013.

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