Il governo portoghese esce sconfitto dalle urne: successo del PCP

[pubblichiamo l’analisi del voto amministrativo portoghese dell’Associazione di lotta contro la precarietà “Precarios Inflexiveis”]

La sconfitta della coalizione di governo nelle elezioni amministrative é stata colossale: rispetto alle amministrative del 2009 il PSD ha perso 432 mila voti, la CDS 20 mila voti e le amministrazioni dove correvano insieme hanno perso 158 mila voti. Il governo ha perso quindi più di 600 mila voti e la sua cacciata é un imperativo politico e sociale. Continua a leggere

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Diritto all’abitare

 

Il 28 Settembre in nove città tedesche (Amburgo, Francoforte, Berlino, Colonia, Friburgo, Dresda, Dusseldorf, Hanau e Maintel) si è tenuta una grande manifestazione per il diritto all’abitare. Già da qualche mese da Berlino si susseguono le notizie del rafforzamento delle iniziative anti-sfratto, contro la speculazione sugli affitti e la speculazione edilizia  La ripresa autunnale sembra ripresentare gli stessi problemi, a cui lo Stato tedesco risponde con la repressione. Approfittiamo per dare la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati di mille militanti del movimento blockupy che avevano partecipato alla mobilitazione del 1 Giugno sono stati indagati dalla procura.

 

Solidarietà alle lotte,

casa, lavoro, servizi sociali!.

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1,59 Euro sono immorali!

Di seguito un articolo tratto da “Taz” su una sentenza della Corte tedesca contro il dumping salariale. Una piccola panoramica/riflessione sulle condizioni di lavoro “idilliache” che attualmente ci sono in molti settori in Germania. È la punta dell´iceberg, lo sappiamo. Molto altro non viene comunicato, scoperto, denunciato.

Ma i livelli di povertà, l´assenza di un salario minimo garantito, il peggioramento delle condizioni di lavoro e la totale mancanza di sicurezza contrattule non possono essere ignorati e liquidati con: la Germania è la locomotiva d´Europa. La crisi capitalista attacca anche qui e forse non è piú tempo di meravigliarsi!

 

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Papaveri e Papere: chi guadagna e chi perde negli anni della crisi

[Non è particolarmente originale ricordare di tanto in tanto delle banalità: ma in tempi interessanti come i nostri, dove spesso l’interpretazione della crisi più à la page rischia di nascondere il contenuto essenziale di essa, è utile ribadire dei punti fermi. Il rapporto BES 2013 dell’ISTAT e il quaderno “I.T.A.L.I.A.2013: Geografie del nuovo made in Italy” a cura di Unioncamere e della fondazione Symbola, ci aiutano a puntualizzare.] Continua a leggere

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L’illusione di Oslo: a vent’anni dagli accordi, un contributo di Adam Hanieh

[Adam Hanieh è un compagno, docente alla Scuola di Studi Africani e Orientali dell’Università di Londra, autore di numerosi contributi sulla questione palestinese pubblicati in importanti riviste. In occasione del ventennale degli accordi di Oslo ha pubblicato, sul magazine online Jacobin, un’interessante riflessione si ciò che Oslo ha comportato e sul da farsi, che abbiamo ritenuto utile tradurre in italiano. L’originale è qui]

Quest’anno cade il ventesimo anniversario dalla firma degli accordi di Oslo tra l’OLP e il governo israeliano. Ufficialmente conosciuti come la Dichiarazione di Principi sugli accordi di autogoverno provvisorio, gli accordi di Oslo erano fortemente connessi al quadro della soluzione dei due stati, dichiarando “la fine di decenni di confronto e conflitto, il riconoscimento della “mutua legittimità e dei diritti politici” e l’obiettivo di ottenere “ la coesistenza pacifica, la mutua dignità e sicurezza e… un accordo di pace semplice, definitivo e di buon senso.

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Due contributi su quanto sta accadendo in Egitto

[E’ di ieri (3/07/2013) la notizia dell’arresto, in Egitto, di Mohamed Morsi ad opera dell’esercito e della costituzione di un provvisorio governo di coalizione. Nel giro di due anni le piazze egiziane, piene di lavoratori organizzati in partiti, associazioni, sindacati, hanno buttato giù il pluridecennale governo di Mubarak e il ben più fragile governo dei Fratelli Musulmani: e non accennano a svuotarsi. L’invadenza politica dell’esercito, che non ha mai lasciato le scene in questi due anni, ha portato molti opinionisti e commentatori qui da noi, anche a sinistra, a liquidare frettolosamente l’ultima vicenda come un banale “colpo di Stato”, le cui responsabilità sarebbero da attribuire solo ed esclusivamente all’ingerenza USA. Se ci aspettiamo – al netto del riferimento all’intervento occulto statunitense – una ricostruzione del genere dai media embedded, ci aspetteremmo viceversa una maggiore attenzione alle scelte politiche delle organizzazioni comuniste e della sinistra egiziana in generale negli ultimi anni, da parte di chi, qui da noi, si colloca senza esitazione dal lato giusto della barricata, quello della sovversione dell’esistente: ci è sembrato invece di leggere solamente semplificazioni che, riducendo il vasto movimento di rivolta ad una contrapposizione tra due attori, uno – la Fratellanza – più, l’altro – l’Esercito – meno indipendente dall’imperialismo, liquidavano i movimenti popolari nella migliore delle ipotesi come ingenue pedine in buona fede nelle mani di forze più grandi. Non condividiamo questa rappresentazione che annichilisce l’autonomia della classe e le scelte del popolo in lotta; non abbiamo però neanche la presunzione di portare un contributo originale ad una vicenda molto complessa che ci vede, anche per l’abnorme distanza politica tra piazze vive e in lotta e piazze – le nostre – sempre più spesso deserte e tristi, sempre più soltanto semplici spettatori. Ci limitiamo, dunque, a pubblicare la traduzione di due contributi che abbiamo trovato interessanti: il primo, di Hesham Sallam, chiarisce che tra Esercito e Fratellanza il popolo lavora per una “terza via” e che, anzi, la contrapposizione tra militari e Fratelli musulmani è molto più di facciata che reale; il secondo, di Gilbert Achcar, mette bene in luce la base economica del potere politico della Fratellanza, contribuendo a chiarire ulteriormente che difficilmente l’espressione politica di una tale frazione di capitale, così profondamente dominato dall’imperialismo, potrebbe svolgere in alcun modo una funzione antimperialista, utile per lo sviluppo e il rafforzamento delle lotte nella regione…anzi. Comunque la si pensi, tentare un approfondimento che vada al di là di ciò che arriva tramite i nostri media ci sembra fondamentale]

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“Se la fabbrica deve bruciare, brucerà!” Operai Michelin in rivolta contro i licenziamenti

Michelin: rabbia e rivolta a Joué-les-Tours, dove sono stati annunciati 700 licenziamenti su un totale di 930 assunti. All’annuncio, seguito ad anticipazioni dei media, la fabbrica è stata immediatamente bloccata dai lavoratori. La fabbrica, ovviamente, non è “in crisi” sul piano dei profitti in valore assoluto: i dividendi per gli azionisti nel 2012 si sono triplicati. Ciò che i padroni perseguono è il mantenimento del saggio di profitto, cioè del rapporto tra profitti e capitale investito: per questo delocalizzano, spostando la produzione in paesi col costo del lavoro più basso, e mirano a lasciare in Francia un solo stabilimento. L’efficienza produttiva, i tassi di rendimento, sono frottole: la fabbrica che chiuderà è efficientissima… Continua a leggere

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Neupack: una vertenza a passo di lumaca

Ritorniamo sullo sciopero della Neupack, azienda di imballaggi, riportando la traduzione di un articolo dello jungeWelt del 7.6.2013 dal titolo “Im Schneckentempo zur Einigung” (“A tempo di lumaca per un accordo”).

Il titolo è quanto mai rivelatore di una vertenza che sembra non trovare una soluzione giusta per i lavoratori. A fine ottobre 2012 iniziano nello stabilimento della Neupack le agitazioni e dal 1. novembre i veri e propri scioperi per la rivendicazione degli aumenti salariali oltre che dell’applicazione di contratti collettivi, contro la miriade di contratti precari previste dalle riforme del lavoro. I lavoratori tedeschi appaiono quanto mai sotto attacco dal punto di vista dei salari e vittima di campagne nazionaliste da parte dell’estrema destra.

Ci sono tre punti fondamentali che stanno caratterizzando questa lotta:

la deregolamentazione salariale-contrattuale e la differenziazione tra gli operai, acuita dall´atteggiamento padronale timoroso che gli operai di origine straniera rubino il lavoro a quelli tedeschi

l´interesse del NPD (partito di destra) che ha cercato di strumentalizzare la lotta con conseguente risposta dei lavoratori: “ce ne fottiamo della solidarietà nazionale”

Germania: “Ce ne fottiamo della solidarietà nazionale”

la realtà dei fatti e cioè che l´attacco al lavoro, così come le rivendicazioni, gli effetti dello sfruttamento e dell´austerity ci sono dovunque…”anche” in Germania! Continua a leggere

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Intervenire, perché è in gioco tutto! Otto argomenti per una sinistra radicale a Blockupy. Un intervento di Interventionistische Linke e di …Ums Ganze!

Traduciamo e pubblichiamo questa conversazione tra due collettivi tedeschi a proposito di importantissime questioni di movimento.

Si tratta di un’intervista uscita prima della manifestazione Blockupy del primo giugno, ma pone lo stesso questioni importanti, al di là della singola scadenza. In particolare, i compagni, individuano l’esistenza di una critica reazionaria al capitalismo molto presente nei movimenti: una critica che si limita a indicare nelle banche e nei “banchieri” i responsabili della crisi in corso e delle misure di austerità.Questo tipo di atteggiamento non permette di interrogarsi sulla prospettiva che, oltre a essere la costruzione e l’identificazione del movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti, deve essere costruita su base europea. In questo senso, la solidarietà attiva (come dicono i compagni) diventa un punto importante nel momento in cui incontra la critica a un capitalismo che non agisce solo tramite l’entità astratta del potere finanziario delle banche, ma ha messo in moto un sistema di ristrutturazione del debito, del costo del lavoro e delle dinamiche di sfruttamento, cui stiamo assistendo a livello europeo e non solo. Questa ristrutturazione non è superabile, ma è la strada che il capitalismo prende naturalmente: aumento dello sfruttamento e accentramento di capitali.

In questo senso tutte le manifestazioni che pongono questa prospettiva di solidarietà e di lotta internazionale, ci sembra vadano nella direzione della costruzione di un movimento comunista che aggiunga degli spazi di agibilità politica che facciamo ancora troppa fatica a conquistare. Continua a leggere

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Contro l’Europa capitalista! Appello per Blockupy Frankfurt

[pubblichiamo la traduzione dell’appello dei compagni tedeschi per Blockupy Frankfurt, momento centrale della mobilitazione contro le politiche affamatorie di UE e FMI che vedrà scendere in piazza i popoli di mezza Europa il prossimo 1 Giugno] Continua a leggere

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