L’autunno è caldo anche in Francia! Un piccolo report delle lotte in corso

Non si può dire che il 96esimo compleanno della Rivoluzione d’Ottobre i lavoratori francesi l’abbiano trascorso testa china e mani in mano. Scioperi e manifestazioni attraversano il paese, a dimostrazione che a pagare la crisi in Europa non sono soltanto i lavoratori dei paesi cosiddetti PIIGS.

Nessun telegiornale regionale oggi su France 3, il canale televisivo pubblico che cura le edizioni locali dei notiziari. Lo sciopero indetto dai sindacati del settore ha riscosso, al di là delle cifre fornite dall’azienda, un considerevole successo. Tra il 40% e quasi il 60% dei giornalisti, dei tecnici e del personale amministrativo dell’azienda ha aderito alla protesta contro il piano di “salvataggio” della France Televisions, che prevede 3 anni di tagli alle spese e di aumento delle pubblicità. Dopo aver tagliato molti posti l’anno passato, il CdA di France Televisions ha elaborato un piano di “dimissioni volontarie” per tagliare ulteriori 350 posti entro il 2015. Dimissioni che, naturalmente non saranno rimpiazzate da nuovo personale, a scapito del lavoro e della qualità del servizio. Nonostante l’indubbio successo dello sciopero, Patrick Papet, responsabile dell’azienda, ha dichiarato ai sindacati di non essere disposto a ritirare o a rivedere il piano, essendo pronto a discutere soltanto il calendario delle dimissioni forzate.

“Fumo nero, copertone brucia…” Non si vede la fabbrica Goodyear di Amiens, il cui accesso oggi è stato bloccato dagli operai con barricate e incendi di pneumatici. Non è la prima volta che accade, da quando la Goodyear ha reso pubblico il piano di vendita al colosso americano Titan, che manterrebbe in servizio soltanto 333 dei 1173 operai.

“Se la Goodyear ha i soldi, è grazie a noi!”

Da quando è iniziata la vertenza gli operai hanno sempre manifestato davanti alla fabbrica, chiudendo le vie d’accesso, e mai davanti alla sede della società: “La fabbrica è nostra, e dobbiamo difenderla!”

Ancora più a nord di Amiens, arriviamo a Lille. Circa 1200 lavoratori de La Redoute, società di vendita per corrispondenza, hanno scioperato e sono scesi in corteo oggi, dopo che l’azionista di maggioranza della società, la Kering, ha fatto sapere a fine Ottobre che sono a rischio 700 posti sui 3300 totali della società, in Francia e all’estero. “Ci facciamo delle domande, delle domande sull’avvenire, quando vediamo che chi ci dovrebbe comprare non ha in realtà i soldi per farlo”

La Kering ha deciso di vendere prima di Natale, ma le garanzie occupazionali e di rilancio aziendale degli acquirenti sono ridicole. Ciononostante, l’attuale azionista di riferimento dell’azienda continua del piano di smantellamento del settore distribuzione per concentrarsi su quello del lusso e del lifestyle. “Per Pinault (François, manager di Kering) sfilate di Yves Saint Laurent, per La Redoute sfilate di licenziamenti!”

I lavoratori temono che il numero degli impiegati possa scendere a 400-500, per questo hanno deciso di scendere in piazza e di non arrendersi.

Le politiche padronali, in Francia come in Italia, in Germania come in Spagna, sono esattamente le stesse. Licenziamenti sul fronte produttivo, tagli sul fronte del welfare, i lavoratori di tutta Europa, pur nella oggettiva diversità di condizioni, sono stretti in un’unica morsa. Se le diverse frazioni di borghesia tentano di cooptare piccole o grandi frazioni di classe, offrendo le briciole di una torta sempre più piccola, sta a noi rovesciare il tavolo: contro le fittizie contrapposizioni e divergenze d’interesse, tocca alle compagne e ai compagni, militanti nelle più diverse organizzazioni, lavorare alla ricomposizione dell’unità di classe sul piano internazionale. Contro il medesimo attacco, una sola è la lotta!

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