Diritti sindacali negati, dall’Italia alla Finlandia, dal Messico all’Olanda, dalla Svezia alla Thailandia…

Ciò a cui abbiamo assistito e contro cui abbiamo lottato in Italia negli ultimi anni, il tentativo di Marchionne di estromettere i sindacati non accondiscendenti dalle fabbriche per trattare solo con i sindacati “gialli”, pecca di scarsa originalità. Ovunque nel mondo i padroni tentano, ogni volta che ne hanno la possibilità, di distruggere l’autorganizzazione della classe, sostituendola con organismi filopadronali che la possano controllare e che soprattutto impediscano le lotte. È da notare come, nelle storie che seguono, a violare i diritti sindacali siano multinazionali con sede in paesi che in Europa godono di “buona fama” in merito al welfare e alla tutela dei diritti dei lavoratori. L’Olanda è sempre stata indicata – dai fan della flexecurity così come dai vari reclamanti reddito – come modello da seguire, per i primi per l’integrazione tra lavoro e non lavoro, per i secondi per la diversificata offerta di sussidi allo studio e alla non occupazione. La Finlandia e la Svezia sono a loro volta un modello per spesa per l’istruzione, spesa sanitaria, sostegni al reddito. L’imperialismo mostra così il suo volto più truce, più biecamente razzista, nel momento in cui paga il contentino ai lavoratori della “madrepatria” (un contentino sempre più misero) con condizioni di lavoro disumane nei paesi dominati.

 

Messico

 

La PKC, una fabbrica finlandese di componenti per automobili, ha licenziato più di 100 iscritti al sindacato ‘Los Mineros’ in Messico, inclusi tutti i dirigenti sindacali. Accadeva lo scorso Dicembre, a Ciudad Acuna.

Dieci dei dirigenti hanno rifiutato l’indennità di licenziamento e insieme con un altro dirigente licenziato nell’Aprile 2012, stanno lottando per la riassunzione e per il diritto di essere rappresentati in fabbrica da un sindacato eletto democraticamente.

I lavoratori scelgono Los Mineros per rivendicare salari più alti (la maggior parte guadagna 55 dollari a settimana), migliori condizioni di salute e sicurezza e la fine dei trattamenti arbitrari e delle molestie sessuali.

La PKC ha rifiutato di negoziare con Los Mineros, firmando invece un contratto con un altro sindacato (la CTM). Che è controllato e finanziato dall’azienda. Nonostante minacce e intimidazioni, Los Mineros è arrivato quasi a vincere le elezioni in Ottobre ed ora sta organizzando nuove elezioni.

I lavoratori che chiedono la riassunzione e i diritti di rappresentanza sono: Alejandro Ojeda Ramírez, María de la Paz Calvillo Solano, Javier Díaz Gómez, Ana Maria Méndez Pacheco, Josefina Martínez Hernández, Rodolfo Luna Martínez, Encarnación Escobedo Muñoz, Sergio Hernández García, Jesús Rogaciano Ibarra Quintero, Gerardo Hinojosa Morales e Juan Carlos Palomino Cansigno che fu licenziato nell’Aprile 2012.

A Gennaio, questi lavoratori licenziati hanno fatto uno sciopero della fame di una settimana davanti alla fabbrica, interrompendolo solo quando la Commissione Lavoro Federale ha notificato all’azienda che ci sarebe stato un avvio di consultazioni il 30 Gennaio per programmare nuove elezioni.

La PKC ha comprato le industrie di Ciudad Acuna, nel 2011: ci lavoravano circa 5.500 operai che producevano cavetteria per il mercato dell’auto nordamericano. Nel 2009 un gruppo di lavoratori sostenuto da Los Mineros aveva iniziato una campagna per avere un contratto.

Quando Los Mineros contattò l’azienda per negoziare il contratto, nel Novembre del 2011, l’azienda rifiutò, dicendo che era stato firmato un contratto tre mesi prima con un altro sindacato, la CTM. Era la prima volta che i lavoratori sentivano parlare della CTM o di questo contratto.

La pratica delle aziende di firmare contratti vantaggiosi per loro con i sindacati che controllano – conosciuti come “contratti di protezione” – è largamente utilizzata in Messico per bloccare l’organizzazione democratica dei lavoratori.

 

Turchia

 

La ISMACO Amsterdam B.V. È una multinazionale olandese che produce abbigliamento di lusso col marchio Ermenegildo Zegna. La multinazionale gode di vantaggi, sgravi e facilitazioni produttive in Spagna, Svizzera, Messico, Cina e Turchia, dove ha sede in una zona speciale a Tuzla, vicino Istanbul, con circa 370 lavoratori. La fabbrica turca produce 600.000 pezzi all’anno, che corrispondono al 65% dei capi Ermenegildo Zegna.

Verso la fine del 2012, i lavoratori dell’ISMACO hanno deciso di aderire al sindacato Deri-Is poiché la multinazionale non aumentava gli stipendi da oltre tre anni, aveva peggiorato le condizioni lavorative e adottato politiche di discriminazione e violenza contro la forza lavoro.

Quando la direzione ha saputo dei tentativi di sindacalizzazione in fabbrica, i manager hanno cominciato a convocare i lavoratori uno ad uno per costringerli a non aderire a Deri-Is, col ricatto del licenziamento. Il management ha poi puntato i dirigenti sindacali colpendoli con minacce e intimidazioni, fino a licenziare Cengiz Taşkesen, Fikriye Akgül e Öznur Fazlıoğlu il 18 Dicembre 2012 e Munevver Uyar l’ 8 Gennaio 2013.

I quattro stanno presidiando notte e giorno l’ingresso alla zona speciale, all’interno di una tenda, dal momento che è stato loro vietato l’ingresso.

Il manager della fabbrica, Francesco Lasorte, ha radunato tutti i lavoratori il 19 Dicembre spiegando che i lavoratori non hanno bisogno di un sindacato, ha annunciato alcuni aumenti salariali, un bonus, e l’introduzione di un falso sistema di rappresentanza in fabbrica per provare a prevenire l’ingresso delle organizzazioni sindacali nell’azienda.

Il 25 Dicembre i manager ISMACO hanno costretto i lavoratori a firmare una carta in cui si diceva “Non abbiamo bisogno di un sindacato nella nostra fabbrica”.

Deri-Is sta lottando al fianco dei lavoratori per la riassunzione dei licenziati, la fine di ogni atteggiamento antisindacale e il riconoscimento di Deri-Is come organizzazione.

 

Thailandia

 

La Electrolux, multinazionale svedese del settore degli elettrodomestici (che ha appena annunciato oltre mille licenziamenti in Italia), dopo essersi rifiutata di trattare coi rappresentanti dei lavoratori, attraverso i suoi manager ha sequestrato più di 100 lavoratori per 8 ore, infine licenziato 127 lavoratori incluso il presidente della sezione sindacale della fabbrica di Rayong.

L’11 Gennaio la direzione della Electrolux Thailandia ha convocato una riunione coi lavoratori alle 8 del mattino e ha annucniato due mesi di bonus, ma poi ha rifiutato di discutere le richieste di aumenti salariali dignitosi e di stabilizzazione dei precari dopo sei mesi di lavoro.

Al contrario, i manager hanno fatto allontanare con la forza Phaiwan Metha, rappresentante sindacale, dall’incontro, licenziandolo. I lavoratori per protesta hanno organizzato immediatamente un sit-in chiedendo il suo immediato reintegro: a quel punto i manager hanno chiamato la sicurezza e la polizia e fatto circondare i lavoratori, impedendo loro di uscire per 8 ore. All 5 del pomeriggio i lavoratori sono stati rilasciati uno ad uno. Al loro ritorno a lavoro, il 14 Gennaio, hanno trovato 127 lettere di licenziamento.

I licenziamenti sono giunti dopo un mese di sforzi sindacali per negoziare un nuovo minimo salariale e degli aumenti: la direzione aveva rifiutato le proposte e tentato di imporre aggiustamenti salariali sui quali non c’era accordo.

Di fronte alle proteste sindacali, la Electrolux ha risposto accusando i lavoratori per il conflitto e dichiarando l’interesse della compagnia a mantenere buone relazioni con lavoratori e sindacati.

Il 25 e 26 Febbraio la IF Metall, sindacato svedese affiliato all’IndustriALL Global Union, si recherà presso la fabbrica di Rayong per incontrare il sindacato e la direzione locale.

Intanto i lavoratori hanno protestato di fronte all’ambasciata svedese a Bangkok, il 1 Febbraio.

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2 risposte a Diritti sindacali negati, dall’Italia alla Finlandia, dal Messico all’Olanda, dalla Svezia alla Thailandia…

  1. la cuoca di lenin scrive:

    Caro compagno,

    primaditutto per chiarezza diciamo che la redazione del blog non fa riferimento a Linea Rossa, né ad altre organizzazioni e soggettività della sinistra di classe: cerchiamo di portare avanti un lavoro di controinformazione ed analisi sperando che possa essere utile a tutti, al di là della maggiore o minore condivisione nel merito.

    Per quanto riguarda la questione del ‘contentino’, se abbiamo ben capito la tua critica ha l’obiettivo di smontare la teoria per cui nei paesi a capitalismo avanzato ci sia ancora una ‘aristocrazia operaia’: l’esempio che fai del contratto in FIAT sarebbe la dimostrazione del fatto che c’è, in realtà, una tendenza al peggioramento delle condizioni anche dei lavoratori ‘presuntamente’ più garantiti rispetto ad altri.
    Se è così, siamo perfettamente d’accordo: riteniamo che i margini d’azione per ogni ipotesi riformista, e quindi per la cooptazione ideologica di pezzi di classe operaia in cambio di minimi miglioramenti salariali e lavorativi, siano definitivamente esauriti. Sussistono, è chiaro, ancora delle differenze nelle condizioni di sfruttamento tra ‘centro’ e ‘periferia’, ma la tendenza inequivocabile è al livellamento al ribasso sul piano internazionale.

    Speriamo di aver chiarito l’equivoco.

    Saluti comunisti

  2. Frank Ficiar Cari compagni di Linea Rossa, lodevole la info sullo sfruttamento in alcuni paese come da vostro post, ma il “contentino” non lo prendono gli operai ma i “lavoratori” degli strati alti e questo anche nei paesi capitalisticamente piu’ forti, questa la realtà e questa era l’analisi di Lenin, tantopiu’ oggi nella crisi di sovrapproduzione di merci e capitali…in Fiat per esempio proprio qui da noi oggi vige il CCSL NEANCHE IL CCNL e non ci sembra proprio un “contentino” anzi si abbassa terribilmente il salario alla stragrande maggioranza degli operai e peggiorano le condizioni generali per mantenerne a galla, alcuni, guardacaso iscritti e delegati vari di cisl-uil-fismic-assoc. quadri e un altra percentuale di ruffiani vari in/di ogni stabilimento, ciao

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