[Burgos, Amburgo, Marsiglia, Istanbul: è di noi che parlano queste città. A quasi sette anni dalla cosiddetta “esplosione” della crisi, nel cuore dell’Europa imperialista, in linea con gli attacchi al proletariato mossi direttamente sul fronte del lavoro, la borghesia continentale rispolvera vecchi arnesi: tra i tanti, la riconquista diretta e materiale di grosse fette di spazio urbano, per diverse ragioni ancora non “normalizzato”. Gli obiettivi sono essenzialmente due: attivare, attraverso la speculazione urbanistica ed edilizia, meccanismi rapidi ed efficaci di estrazione di profitto – che si realizza nel momento finale della costruzione, indipendentemente dal fatto che poi la strada, il palazzo, il centro commerciale funzionino davvero o restino vuoti -; guadagnare nuovi territori alla borghesia espellendo ai margini delle città le classi popolari, in quartieri spersonalizzati, senza storia e con possibilità fisiche di aggregazione ridotte al minimo. Per spianare la strada a questi investimenti di scarsissimo respiro e di poveri risultati sul lungo periodo, però, spesso non bastano i bulldozer. Gli urbanisti stessi avvertono i dirigenti delle grandi multinazionali dell’immobile affinchè non sottovalutino, nella costruzione ex novo delle città, gli ostacoli offerti dalla casualità e dall’imprevisto: quegli ostacoli che noi, piuttosto, preferiamo chiamare resistenza.
Traduciamo, di seguito e nel prossimo post, alcuni articoli dal blog Sombras en la ciudad sulle recenti rivolte a Burgos, nello stato spagnolo, contro il progetto di realizzazione di un Bulevar in mezzo ad uno storico quartiere operaio: il caso particolare ci dà la misura del senso che questi provvedimenti assumono a livello generale, e ci racconta anche di come, spesso, l’imprevedibilità riguardi anche l’improvviso “risveglio” di gente che sembrava, ormai, irrimediabilmente chiusa nel proprio ambito privato, disinteressata a prendere parola come collettività]
4 Novembre 2013
Il Diario de Burgos ci informa dell’imminente inizio dei lavori per il Bulevar di calle Vitoria. Un progetto che costerà, nella sua prima fase, otto milioni di euro e del quale beneficerà soltanto la ditta costruttrice, guarda caso proprietà di Méndez Pozo (imprenditore arrestato per corruzione nel 1992, proprietario anche del quotidiano Diario de Burgos, n.d.t. )
I 18 mesi di durata presunta dei lavori saranno un anno e mezzo di dolori di testa per gli abitanti e i commercianti della zona. Ma una volta passato questo periodo, non ci si preoccupi, inizieranno i vantaggi! Spariranno i 350 posti auto che ci sono al momento in calle Vitoria, in cambio di 256 posti in un parcheggio sotterraneo privato al modico prezzo di 19.225 euro ciascuno.
(…)
Questo Municipio, che adduce come scusa il deficit per chiudere le scuole materne o per non pagare i fornitori, non sembra badare a spese quando si tratta di sanare i conti di Méndez Pozo con i soldi del Municipio e i nostri. Con l’esplosione della bolla immobiliare il padrone del Diario de Burgos ha bisogno dell’aiuto delle istituzioni pubbliche per continuare a fare affari a nostre spese. (…)
La soluzione della destra per tirarci fuori dalla crisi passa per ripetere il modello degli investimenti urbanistici. Dosi extra di virus per il malato che agonizza.
(…) In seguito alle pressioni di Méndez Pozo, l’opinione degli abitanti di Gamonal (il quartiere interessato dal progetto, n.d.t.) non conta per il Municipio. Già sappiamo che siamo tutti uguali ma qualcuno è più uguale degli altri. E’ per questo che la sola opportunità di fermare quest’opera passa per l’organizzazione e la lotta.
9 Gennaio 2014
Chi beneficia di quest’opera?
La crisi che iniziò sei anni fa ha in Spagna caratteristiche proprie. Il modo in cui nel nostro paese si ‘muoveva’ l’economia prima della crisi era attraverso la realizzazione di opere pubbliche, grandi eventi e la costruzione in generale senza nessun tipo di senso nè di pianificazione, con l’unico obiettivo di muovere il denaro tra le élites (economiche e politiche) e mantenerne i benefici. Questo è stato il brodo di coltura di una moltitudine di casi di corruzione dei quali Burgos è piena: per fare un esempio, il nostro caro Méndez Pozo è stato in carcere per questi motivi.
(…) L’economia dovrebbe perseguire gli interessi comuni della maggioranza, non di una piccola minoranza che la controlla a suo vantaggio. Il bulevar si costruisce per le persone che stanno al potere (i costruttori, i loro giornali, il Municipio).
Sí, ok, già lo sappiamo, ma almeno c’è un investimento
Realizzare una spesa, un investimento pubblico, significa smettere di fare altro. Conviene tenerne conto quando si dà valore a un unvestimento. Nei preventivi, il Municipio calcola che si spenderanno 8,5 milioni di euro. Sicuramente alla fine l’opera costerà molto di più, cosa che implica più debiti e più interessi e più cose che non si faranno più. (…)
Vediamo allora due cose che il Municipio ha smesso di fare negli ultimi tempi:
-Hanno tagliato le linee degli autobus. Per migliorare la mobilità in una città la cosa più importante è che ci sia un efficiente ed economico trasporto pubblico. Ma, invece di migliorarlo e incentivarne l’uso abbassando il prezzo (cosa che costerebbe meno di 8,5 milioni di euro) il Municipio disinveste su questo per dare soldi ai costruttori.
-Hanno chiuso le scuole dell’infanzia. Un’economia orientata agli interessi della maggioranza deve essere diretta fondamentalmente a costruire e ottenere una vita dignitosa per la maggioranza. Il benessere e l’efficienza economica conseguenti ad una rete forte e pubblica di scuole dell’infanzia è più che evidente. 8,5 milioni di euro che potrebbero migliorare di molto la vita di molte persone attraverso scuole dell’infanzia e servizi sociali se ne vanno per il bulevar, a beneficio dei costruttori.
Conclusione: il bulevar e il tipo di società che vogliamo
Le élites borghesi hanno preso posizione a favore del bulevar. Ci hanno detto che cosa vogliono per questa città. Più opere, più lavoro di merda, più speculazione urbanistica, più imposte. E meno servizi sociali, meno benessere e una città peggiore in cui vivere. Vogliono tornare a ciò che c’era prima della crisi, con cui si arricchivano. Il bulevar può e deve essere anche uno strumento attraverso il quale noi che stiamo dall’altra parte della barricata prendiamo posizione e diciamo che non vogliamo questo tipo di città.