Tra 4000 e 8000 persone hanno sfilato il 29 Maggio, a Parigi, per dimostrare che non c’è spazio per il Front National in Francia; manifestazioni ci sono state in altre 20 città, qualche migliaio di persone è sceso in strada a Marsiglia e a Lione, nell’ordine delle centinaia in altre città più piccole.
Non c’è grande soddisfazione sui media come Le Monde e Liberation per questi numeri, che ci si aspettava più grandi: un’attesa francamente inspiegabile, dal momento che la manifestazione è stata indetta lunedì scorso ed è la prima, vera occasione nazionale di rispondere alla “avanzata” del Front National.
La crescita del partito di Marine Le Pen, innanzitutto, è un dato da valutare nelle sue giuste dimensioni: se alle municipali di marzo, pur essendo arrivato al ballottaggio in diverse città, il FN è riuscito a conquistare una dozzina di amministrazioni, la più grande delle quali, Frejus, conta 43.000 abitanti, oggi ha portato a casa, fatte le debite proporzioni con la massa degli aventi diritto al voto, circa il 10% dei consensi. L'”illusione ottica” del 25%, che ci parlerebbe di un quarto del paese divenuto all’improvviso simpatizzante del partito di estrema destra francese, è la conseguenza di una delle affluenze più basse tra i paesi fondatori dell’UE, circa il 42%.
Ancora più interessante è l’analisi anagrafica dell’affluenza: tra i minori di 35 anni oltre 7 su 10 non si sono recati alle urne. Possiamo con buona approssimazione concludere, dunque che a votare, tra i giovani, siano andati i militanti del FN e quelli degli altri partiti.
Ecco quindi che, in piazza, al di là della conta aritmetica, c’era una rappresentazione cosciente e non silenziosa di quella maggioranza che domenica scorsa ha disertato le urne. Le piazze hanno dimostrato, ancora una volta, che i risultati elettorali non sono “lo specchio” del paese: “uno degli specchi”, al massimo, per di più con una serie di meccanismi di deformazione attivati.
Le fascisme ne se combat pas dans les urnes, recitano i manifesti degli Antifa francesi: che si sia d’accordo o meno con lo slogan, è un fatto che parlare di un 25% di francesi che ha votato per il Front National è un errore aritmetico, prima che politico; oggi come due mesi fa, dopo il cosiddetto “trionfo” di Marine Le Pen alle municipali, ingigantire il mostro frontista ha un obiettivo ben preciso, cioè quello di occultare il fascismo quotidiano che si nasconde nelle politiche di austerity, di fedeltà sbandierata al rigore di bilancio, di repressione e espulsione per numeri sempre maggiori di immigrati e sans papiers, di gentrificazione spinta a suon di sgomberi e abbattimenti, di quartieri popolari ridotti a ghetti degradati.
Le Monde accusa la dediabolisation del Front National: il problema, piuttosto, è la banalizzazione e la normalizzazione dei suoi contenuti, per cui il Fronte vince non perchè i francesi siano diventati di colpo razzisti, ma perchè il razzismo, sdoganato dal discorso pubblico, incarnato nell’ideologia securitaria, diffuso silenziosamente nel corpo largo della popolazione, trova alla fine nel FN la risposta apparentemente più coerente.
La piazza stessa, con le sue contraddizioni, dimostra l’esistenza di un fascismo inconsapevole, interiore, accanto a quello che si esprime col voto a destra. Citoyens, debout, le fachos sont parmi nous (Cittadini, in piedi, i fascisti sono tra noi): lo slogan urlato a più riprese descrive una realtà non tanto distante. Nel corteo contro il FN a Marsiglia sfilano giovani con la bandiera dell’Unione Europea, quell’istituzione imperialista responsabile della strage quotidiana di migranti ai suoi confini, silenziosa e complice di fronte all’avanzata nazista in Ucraina, in prima fila nelle aggressioni imperialiste in giro per il mondo; al termine del corteo, di fronte alla Prefettura, gli studenti dell’Unef (Union Nationale des Etudiants Français, sindacato legato al Partito Socialista) non trovano di meglio da fare che intonare la Marsigliese, l’inno che nelle colonie ha fatto da colonna sonora a massacri e sfruttamento.
Al di là delle contraddizioni, comunque, e al di là dei lamenti degli house organ di una sinistra istituzionale che evidentemente continua a credere che basti agitare lo spettro fascista per riportare docilmente alle urne lavoratori che non ce la fanno a arrivare a fine mese, precari, disoccupati che magari non riescono a percepire il sussidio (leggi qui perché), la Francia che si riconosce nelle parole d’ordine dell’antifascismo e dell’antirazzismo si è contata in piazza, e il totale non è stato così catastrofico. C’è bisogno di tanto, c’è bisogno di riconnettere le lotte ma…mai sottovalutare gli inizi insignificanti…