[pubblichiamo questo breve articolo sullo sciopero generale che vede il più grande sindacato boliviano contro il governo di Evo Morales, per l’aumento delle pensioni. Non ci interessa alcun tipo di ‘partigianeria’: riteniamo, del resto, di non conoscere il processo rivoluzionario boliviano tanto da poter esercitarci in facili giudizi. Ciò che ci interessa è documentare, al di là delle semplificazioni, la complessità della dialettica in atto: riconosciamo senza esitazione alcuna l’importanza della rivendicazione operaia, ritenendo questo ritrovato protagonismo, unito alla forza della rivendicazione, uno dei frutti del processo rivoluzionario, e proviamo, riportando la notizia, ad arricchire nel nostro piccolo il quadro che ci possiamo fare di quanto accade a quelle latitudini, convinti che, dal cuore della vecchia Europa, i comunisti abbiano solo da imparare da tutto ciò che sta accadendo, negli ultimi anni, in America Latina]
In Bolivia la tensione aumenta dopo 11 giorni di conflitto sociale per un aumento delle pensioni. Scontri tra scioperanti e sostenitori del governo hanno avuto luogo giovedì 16 Maggio. Lo sciopero generale accompagnato da manifestazioni e blocchi stradali è stato indetto dalla Centrale Operaia Boliviana, il principale sindacato dei lavoratori del paese. La COB chiede che i lavoratori possano avere come pensione l’equivalente del 100% del loro ultimo salario, contro il 70% attuale. In un clima di manifestazioni quotidiane per le strade, il governo di Evo Morales denuncia motivi politici dietro allo sciopero, e chiama i suoi sostenitori alla difesa.
“Movimento sovversivo”, “destabilizzazione politica”, “scenario cospirativo”: sono le parole scelte dal ministro dell’Interno boliviano per qualificare l’attuale protesta sociale. Carlos Romero porta come prova un tentativo di occupazione di un aeroporto a nord del paese e il sequestro di centinaia di tonnellate di dinamite in diversi convogli di scioperanti, che hanno anche fatto saltare un ponte all’inizio del conflitto.
Accuse rigettate dalla COB, la Centrale Operaia Boliviana, che accusa a sua volta il governo di “tradire il popolo” e di cercare con tutti i mezzi di screditare lo sciopero. Il centro de La Paz ha conosciuto, giovedì 16 Maggio, il suo terzo giorno consecutivo di paralisi totale e di manifestazioni violente, mentre i blocchi stradali a livello nazionale facevano perdere l’equivalente di circa 6 milioni di euro al giorno al Paese.
In questo contesto il governo ha invitato i suoi sostenitori a uscire per le strade per “difendere la democrazia e il presidente Morales” e un primo scontro tra le due parti ha causato giovedì sette feriti nella regione di Potosì, a sud del Paese. Durante questo tempo, un dialogo fragile prosegue comunque tra i dirigenti della COB e il governo, dal momento che il settore della Sanità pubblica ha deciso di unirsi allo sciopero.
È di questa mattina la notizia di una sospensione di 48 ore delle proteste, annunciata dal COB, per arrivare ad un accordo con il governo.