La Germania colpisce il diritto di sciopero

La giungla dei contratti

L’informazione mainstream, puntualmente, ci parla delle “meravigliose sorti e progressive” del cosiddetto modello tedesco. Ci dicono, e ci ripetono, che in Germania i sindacati e i lavoratori partecipano e cogestiscono le contrattazioni e le sorti dell’impresa, facendo un favore a lavoratori e padroni e instaurando così una sorta di armonia che preannuncia l’evoluzione dell’umanità. Addirittura, in un recente articolo di “Economia web” del 21 Marzo si fa accenno a un accordo tra SPD e CDU sul salario minimo, dipingendolo come un cedimento della Merkel alle istanze della sinistra. Da tempo abbiamo imparato a diffidare di questi panegirici.

Tra le innumerevoli contraddizioni della cosiddetta cogestione sindacati-padroni, infatti, troviamo questo (per nulla) nuovo ritrovato della tecnica repressiva dei padroni: Si tratta della prassi informale ma diffusa della Tarifeinheit, ovvero unità contrattuale (oppure unità di contrattazione).

Il sistema contrattuale tedesco è particolare, non solo per il larghissimo ricorso alle agenzie interinali che forniscono manodopera alle aziende, creando così una giungla di contratti differenti, ma anche per la struttura federale dello Stato, che prevede contrattazioni diverse da regione a regione. Inoltre, sono previsti differenti trattamenti contrattuali a seconda dei settori produttivi. Insomma, una vera e propria “boutique dello sfruttamento” nella quale il padrone può scegliere le forme e i trattamenti che preferisce.

Di recente, però, la coalizione di governo (un governo di larghissime intese) tedesca ha trovato un accordo sul cosiddetto piano Nahles per il lavoro. La riforma del ministro della SPD Andrea Nahles prevede di istituire per legge l’unità di contrattazione. “Ad ogni fabbrica il proprio contratto”, recita un principio che sembra essere tutto sommato condivisibile e che dovrebbe mettere ordine in quella giungla di forme contrattuali che è una porta spalancata alla precarietà, alla concorrenza tra lavoratori, alla subordinazione dei diritti agli interessi dei padroni. Non è così, e il motivo è semplice: l’unità di contrattazione si appoggia al principio secondo il quale solo i sindacati più rappresentativi possono gestire il conflitto e la contrattazione delle condizioni di lavoro.

L’accordo del Dicembre 2013

Con la prassi della “Tarifeinheit” si intende quella pratica diffusa di riconoscere come piattaforma di trattativa valida quella proposta dal sindacato più rappresentativo della fabbrica. [per maggiori approfondimenti si veda: qui]

L’accordo di coalizione sulla riforma del lavoro, che risale al Dicembre 2013, si prospetta in definitiva come un vero e proprio accordo a scapito dei lavoratori. Questo accordo prevede infatti un salario minimo che sarà fissato a seconda delle categorie, ma a partire da 8,50 euro/ora. Il salario minimo, però, verrebbe introdotto a partire dal 2017, il che giustificherà un blocco dei salari per tre anni. Inoltre, l’accordo non prevede né sostanziali correttivi alla precarietà, né aumenti salariali. Ma più di tutto questo, è il diritto di sciopero che risulterà minacciato dall’unità contrattuale.

Nell’accordo si legge che: “Nel rispetto del pluralismo sindacale e dello spirito del dialogo sociale vogliamo sancire per legge il principio dell’unità del contratto collettivo in azienda, con l’applicazione della regola della rappresentatività in azienda, con le principali organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro”. [per approfondimenti, si veda qui]

Quella che era una pratica, sebbene diffusa, diventerebbe adesso una vera e propria legge che sancirebbe un principio di contrattazione sindacale che permette solo ai sindacati più rappresentativi di gestire la contrattazione. Finché la Tarifeinheit si limitava ad una pratica informale, infatti, nulla vietava ai sindacati più piccoli e meno rappresentativi di impugnare quel contratto e di indire degli scioperi autonomamente, o anche di partecipare attivamente alle decisioni del sindacato più rappresentativo. Certo, la forza dei sindacati di categoria poteva risultare minore, ma rimanevano spazi di manovra conquistabili attraverso la gestione del conflitto sociale. Con una legge che rende obbligatoria questa pratica, ovviamente, il margine di manovra dei sindacati meno rappresentativi (magari semplicemente perché legati a una categoria particolare) diventa praticamente nullo e si annullano anche gli spazi del conflitto sociale. Infatti, in un articolo dello Spiegel on line, si avverte che, con questa riforma, se un grande sindacato conducesse una trattativa su un contratto, non sarebbe possibile per un sindacato di categoria scioperare contro quel contratto, finché questo rimane in vigore. Non è molto diverso dall’ormai noto accordo di Pomigliano del Maggio dell’anno scorso, nel quale si punta a far gestire la contrattazione ai sindacati che coprano almeno il 50%+1 della rappresentanza, e nel quale si afferma che, una volta sottoscritto un accordo da un sindacato che abbia questi numeri di rappresentanza, le parti firmatarie devono impregnarsi a “non promuovere iniziative di contrasto agli accordi così definiti”. [per approfondire l’accordo di Pomigliano rinviamo a questo opuscolo]

In Germania, così come in Italia, stiamo assistendo a una vera e propria limitazione del diritto di sciopero e allo stesso tempo a una limitazione del diritto di essere rappresentati nelle contrattazioni. Altro che armonia tra padroni e lavoratori: l’accordo della Grosse Koalition sul lavoro, e la successiva riforma, è un vero e proprio regalo ai padroni che gestirebbero, attraverso i sindacati corporativi e più collaborazionisti, tutta la contrattazione sulle condizioni del lavoro. Inoltre, non una parola viene spesa nell’accordo a limitazione delle forme precarie di prestito di manodopera da parte delle agenzie interinali, prassi che in Germania è molto più diffusa che da noi e che, insieme ai minijobs, è una delle cause principale della proliferazione di contratti precari e diversificati.

La mozione della IGMetall

L’accordo tra SPD e CDU sul lavoro, che, ripetiamo, è stato presentato in Italia come un regalo ai lavoratori tedeschi da parte di una Merkel che cede alle pressioni della SPD non è altro che una riforma che regolamenta il conflitto sul lavoro, riducendo i margini della contrattazione attraverso le lotte e le pressioni dei lavoratori fuori dai circuiti legalizzati e concordati con il padronato.

A questo proposito, traduciamo e pubblichiamo la mozione della IGMetall presentata al congresso della federazione tedesca dei sindacati (DGB), che insieme alla associazione dei datori di lavoro (DGA) ha accolto la Tarifeinheit.

La IGMetall rivendica il diritto allo sciopero e soprattutto il principio per cui è solo con la lotta che si costruisce l’unità tra i lavoratori. Azzerare e ridurre le possibilità di espressione dei sindacati di categoria in nome di una unità dei lavoratori calata dall’alto, non diminuisce la concorrenza tra operai attraverso i diversi sindacati, ma ne scalfisce la solidarietà perché molte categorie si troverebbero di fatto senza rappresentanza, senza voce in capitolo e senza possibilità di scioperare contro condizioni contrattuali decise da sindacati corporativi e padroni.

Anche in Germania, dunque, la battaglia della competitività si gioca sulla pelle dei lavoratori e sull’erosione di diritti fondamentali.

Di seguito il testo della mozione:

La seguente mozione è stata accolta all’unanimità dalla assemblea dei sindacati dell’IG Metall di Francoforte il 19 Marzo 2014.

Esortiamo la presidenza della IGM a mettere in campo tutta la forza del nostro sindacato per ostacolare l’iniziativa legale del governo federale per la cosiddetta contrattazione unitaria.

Motivazione:

Nell’anno 2011 molte strutture sindacali si distanziavano dall’iniziativa della DGB (federazione tedesca dei sindacati) e della DGA (associazione dei datori di lavoro) al regolamento del cosiddetto Tarifeinheit (unità di contrattazione), e con ciò si constringeva la DGB a un passo indietro. Ora, la grosse Koalition ha messo di nuovo all’ordine del giorno la Tarifeinheit. Apparentemente “per governare in un senso determinato le diverse forme di contrattazione: plurali e associate”. Che Andrea Nahles della SPD possa riprendere adesso il tentativo della BDA, si vede tra l’altro dal fatto che anche all’interno della DGB questo tentativo ha provocato e provoca approvazione. Il ministro del lavoro Andrea Nahles vuole presentare in primavera una proposta di legge conforme a questo principio. L’intenzione è quella di eliminare la concorrenza dei sindacati di categoria. E per fare questo c’è molta fretta.

Lo scopo, così come il principio “una azienda – un sindacato”, dell’unità contrattuale sarebbe di rendere più forti gli impiegati e i sindacati attraverso l’unione. Ma era soprattutto l’imprenditore a rompere questa unità, quando concludeva contratti concorrenziali con gli pseudo sindacati vicini al capitale, o divideva una parte degli impiegati, oppure dava loro paghe peggiori nelle ditte affiliate, come per esempio nel caso dei facchini, dei lavoratori delle pulizie etc. Non si era mai sentito parlare di unità di contrattazione. Sorprende, inoltre, la preoccupazione per una contrattazione unitaria: che cosa impediva [anche senza la legge sull’unità contrattuale NdT] all’imprenditore di applicare contratti diversi, ovvero quelli unitariamente più favorevoli per tutti?

L’imprenditore, al contrario, non rinuncerà alla prassi della divisione, loro cercheranno ancora di indebolire i contratti collettivi, e così la legge per la cosiddetta unità di contrattazione, diventa come un invito ai padroni di riportare in vita i sindacati gialli.

Anche noi siamo del parere che sarebbe meglio se i membri di questi sindacati corporativi combattessero insieme a tutti gli impiegati delle categorie. Il contropotere sindacale ha bisogno di forza e unità, cioè anche di una legge che difende i più deboli. È falsa l’argomentazione secondo cui i sindacati dei categoria “vorrebbero trarre particolari vantaggi sulle spalle dei loro colleghi”; a nessuna categoria di impiegati viene portato via qualcosa se lo sciopero ha successo. Al contrario, attraverso questo provvedimento viene alzata la possibilità di pressione da parte del padrone. Con una politica più combattiva i sindacati della DGB potrebbero riunire questi gruppi di operai, così si tratterebbe di una contrattazione non più al ribasso, ma al rialzo. Combattere attraverso i tribunali e le leggi equivarrebbe a un atto di masochismo. Un attacco così massiccio al diritto di sciopero nuocerà solamente a tutti i sindacati. Questo non porta più solidarietà, ma peggiora le condizioni della lotta. Noi abbiamo bisogno di più unione, ma questa non si può costruire con la coercizione, ma solo sulla base della propria unità di lotta.

Quando gli operai scioperano – a qualunque organizzazione loro appartengano – si guadagna prima di tutto il sostegno. Lo scioperante cade sempre in piedi. (Detlef Hensche in JW, 22.11.07)

Delegiertenversammlung der IG Metall Verwaltungsstelle Frankfurt/Main

 

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