Oltre le pettorine, una riflessione “a tiepido” sul 27 Ottobre

Riteniamo opportuno, come collettivo redazionale, fare delle brevi considerazioni sulla giornata del 27 ottobre (No Monti day). A scanso di equivoci ci teniamo da subito a chiarire che noi c’eravamo, ritenendo, sin dalle sue prime fasi di costruzione, il No Monti Day come un potenziale trampolino di lancio dell’opposizione sociale in Italia. Ebbene, al di là di ogni più rosea previsione (politica e meteorologica), siamo stati spettatori di un momento importante: decine e decine di migliaia di persone (solo per la Questura 20.000, per gli organizzatori 150.000) hanno letteralmente invaso la capitale, un fiume di gente ha manifestato la propria insofferenza alle politiche di austerità e alla macelleria sociale di un governo espressione oggi più pura della borghesia imperialista europea.
Il primo aspetto che ci preme sottolineare (ci perdonino gli amici e i nemici delle pettorine) è quello della composizione del corteo: un corteo composto per la maggior parte da lavoratori, molto più caratterizzato politicamente rispetto ad altri momenti di mobilitazione di massa, 15 Ottobre compreso. Di questo va dato merito sicuramente agli organizzatori, in particolare al sindacato di base oggi più rappresentativo, l’USB- ma anche agli altri sindacati nonché ai numerosissimi lavoratori autoconvocati e autorganizzati. Riteniamo quest’aspetto fondamentale poichè sappiamo quanto oggi sia difficile che i lavoratori si mobilitino considerato l’atteggiamento di generale sfiducia sì verso le istituzioni, ma, nostro malgrado, soprattutto verso la lotta.
Altra considerazione (e ci perdonino ancora i pettorino-centrici) è quella sui contenuti: la mobilitazione è stata inequivocabilmente anticapitalista nelle analisi sviluppate e nelle parole d’ordineI lavoratori, i collettivi, le realtà organizzate cominciano a rendersi conto, chi più chi meno, che causa della crisi non è la speculazione finanziaria o fantomatici commissariamenti della Germania o peggio ancora della cattiveria di Monti & Co, ma è il capitalismo stesso a essere causa di questa barbarie. Persino i firmatari del comitato promotore hanno più o meno “aggiustato la rotta” rispetto a qualche mese fa, quando l’Italia era considerata una nazione colonizzata dalla “culona” Merkel.
Ciò che saltava all’occhio, ma ai militanti e non certo ai pompieri (in senso letterale e non metaforico) in prima fila o ai lavoratori dell’Irisbus, è stata la quasi totale assenza delle realtà espressione dell’autorganizzazione, molte delle quali hanno, infatti, scelto di non esserci. Immaginiamo, in mancanza di comunicati e interventi da parte di queste realtà, che molto abbia inciso il passaggio dell’appello che faceva riferimento a “…una manifestazione chiara e rigorosa nelle sue scelte, che porti in piazza a mani nude e a volto scoperto tutta l’opposizione sociale a Monti e a chi lo sostiene…”, insieme ad un risibile servizio d’ordine di autotutela dall’interno. è evidente che c’è stato un’inutile e per niente condivisibile allarmismo da parte degli organizzatori, del tutto speculare a quello messo in atto dai mass media. Allarmismo che non abbiamo condiviso dal momento che riteniamo che sia una delle forme che va a riaccendere la solita distinzione tra “buoni” e “cattivi”, quella distinzione che legittimò alcune realtà politiche, il 15 Ottobre scorso, a reclamare l’intervento della Polizia contro spezzoni di corteo e a chiamare “sfasciacarrozze” centinaia di compagne e compagni che scelsero di manifestare in modo meno “pacifico”. Le perplessità a tal proposito le condividiamo tutte, meno, anzi per niente, la conseguente scelta di non partecipare alla manifestazione: ci sembra infatti che prevalga, in una scelta del genere, una valutazione della radicalità del gesto come fatto in sé, slegato dalle effettive possibilità di crescere in radicalità politica.Il punto non sta in quante vetrine infrante, quanti blindati dati alle fiamme, quanti sassi tirati: il punto sta nel capire che cosa porta ad un avanzamento reale del conflitto, e che cosa no. Mancare ad un appuntamento del genere certo non aiuta la ricomposizione delle lotte, esattamente come non aiuta agitare il babau degli scontri e distribuire 300 pettorine a non si sa bene chi, per non si sa bene cosa.

Come in molti hanno già detto e scritto la giornata del 27 rappresenta anche uno spartiacque. Da qui tanto può ripartire il conflitto tanto può venire fuori qualche listone elettorale: anzi, riteniamo che un listone – quello “arancione” del sindaco di Napoli – sia già pronto e abbia già “attraversato” la manifestazione Ci sembra però che questo sia nella naturalità delle cose: sta però alla capacità (e alla volontà) dei compagni il compito di non lasciare che tutto lo sforzo prodotto dalla nascita del movimento No Debito ad oggi confluisca e sfumi in una inutile competizione elettorale, procedendo nella creazione di un vero movimento d’opposizione sociale capace di fronteggiare l’offensiva padronale. Ma non basta! Occorre fare un passo avanti e assumere – a fatti e non a parole – il piano europeo come terreno comune di lotta poiché questo è il campo di battaglia che la borghesia ha scelto per condurre l’offensiva contro il proletariato. Il 14 Novembre la Confederazione Europea dei Sindacati, che riunisce tutte le sigle sindacali concertative e antiproletarie d’Europa, ha indetto una giornata di mobilitazione europea su parole d’ordine ultrariformiste: ci saranno scioperi generali in Portogallo e Spagna (24 ore), Grecia e Cipro, Italia (4 ore). Mobilitazioni – principalmente studentesche o “di movimento”, sono attese in tutta Europa, particolarmente in Francia – dove nasce il sito EuropeanStrike – e dove le principali sigle sindacali, dalla CGT a Solidaires, hanno sottoscritto un appello alla mobilitazione.

Che posizione stanno prendendo i sindacati anticoncertativi, di conflitto, in Europa? Di Solidaires abbiamo già detto; il LAB Basco attendeva la conferma della data per esprimere una valutazione; l’Intersindical CSC Catalano, aderente alla World Federation of Trade Unions, promuove lo sciopero; i COBAS in Italia hanno da subito “coperto” la data del 14 portando a 8 le ore di sciopero e invitando i sindacati promotori dello sciopero della scuola del 24 (FLC CGIL, CISL, UIL, SNALS, GILDA) ad anticipare la data; l’USB, invece, con un comunicato, annuncia che non parteciperà, salvo una generica indicazione a sostegno di eventuali mobilitazioni più radicali. Siamo convinti che la data vada promossa e sostenuta in ogni modo. La convocazione è ultraconcertativa, ma ciò dovrebbe spingere ancora di più a trasformare, in Italia, uno sciopero farsa in un vero sciopero generale. Auspichiamo, quindi, che tutte le realtà che hanno promosso la riuscitissima manifestazione del 27 si facciano carico di far uscire il 14 dall’alveo delle compatibilità con la borghesia e di segnare un altro passo in avanti nella ricostruzione dell’opposizione sociale e politica nel nostro paese.E pertanto tutti i tentativi di connettere le lotte in tal senso vanno salutati con favore e sostenuti. Il 14 novembre, giornata di sciopero generale in Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro e Italia, potrebbe essere un secondo passo importante. Perché non provarci?

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